Vietato cucinare questi alimenti dopo le 20.00: invitare tua suocera a cena ti costerà 200€ | Il nuovo regolamento condominiale è tassativo

Regolamento condominiale - (cataniaoggi.it-pexels)

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Non è vero che a casa tua puoi fare ciò che ti pare, se cucini questa cosa oltre un certo orario è reato

La sentenza n. 14467 del 2017 della Corte di Cassazione, Sezione III penale, ha suscitato particolare interesse non solo tra i giuristi ma anche nell’opinione pubblica. Il caso riguardava le continue emissioni di odori molesti, in particolare puzza di fritto, provenienti da un’abitazione privata all’interno di un condominio. La Corte ha ritenuto che tali emissioni rientrassero nella fattispecie prevista dall’art. 674 del Codice penale, ovvero il cosiddetto “getto pericoloso di cose”, riconoscendo nella condotta una vera e propria molestia olfattiva.

L’articolo 674 c.p. prevede sanzioni per chi, in luoghi pubblici o di uso comune, provoca emissioni di gas, vapori o fumo che offendano, imbrattino o molestino altre persone. Secondo la Cassazione, anche gli odori sgradevoli, se persistenti e invasivi, possono configurare questa contravvenzione. La decisione è apparsa innovativa perché ha esteso il concetto di molestia a un ambito, quello degli odori, raramente affrontato con strumenti penali.

Non si tratta di un caso isolato. Già un anno prima, con la sentenza n. 45225 del 2016, la stessa sezione della Cassazione si era espressa in termini simili per le esalazioni provenienti da una pizzeria. In entrambi i casi, la Corte ha ribadito che le molestie olfattive, quando superano i limiti della normale tollerabilità, possono essere oggetto di sanzione penale. Questo tipo di orientamento giurisprudenziale rappresenta un segnale forte per chi vive in contesti condominiali dove tali problemi sono frequenti.

Inquadrare le molestie olfattive come reato ha un chiaro valore deterrente. Spesso, i condomini esasperati non hanno strumenti efficaci per ottenere la cessazione di comportamenti molesti. La possibilità di procedere con una denuncia penale può quindi costituire un utile strumento di pressione, volto a far cessare condotte che rendono difficile la convivenza quotidiana.

I rimedi civilistici per le molestie olfattive

Quando le emissioni non sono così gravi da configurare un reato, esistono comunque strumenti nel diritto civile per tutelare i soggetti danneggiati. L’articolo 844 del Codice civile rappresenta il punto di partenza, stabilendo che le immissioni (compresi odori e rumori) non devono superare la normale tollerabilità. Questo criterio, volutamente generico, consente al giudice di valutare le circostanze concrete del caso.

Il concetto di normale tollerabilità non è rigido, ma si adatta al contesto. Conta la sensibilità dell’uomo medio, ma anche la natura dei luoghi e le abitudini locali. Ciò che è tollerabile in una zona industriale potrebbe non esserlo in un contesto residenziale. Il giudice deve quindi bilanciare le esigenze produttive con il diritto alla quiete e alla salubrità degli spazi abitativi.

Frittura - (cataniaoggi.it-pexels)
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Le azioni giudiziarie e i provvedimenti d’urgenza

Chi subisce immissioni intollerabili può agire in giudizio per ottenere un’inibitoria, cioè la cessazione del comportamento dannoso, e un risarcimento del danno. In casi urgenti, è possibile richiedere un provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. Inoltre, l’art. 614-bis c.p.c. consente al giudice di fissare una somma da versare per ogni giorno di violazione dell’ordine d’inibitoria, rafforzando così l’efficacia della sentenza.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 2611 del 2017, hanno chiarito che il danno non patrimoniale da immissioni può essere risarcito anche in assenza di un danno biologico documentato. È sufficiente dimostrare, anche per presunzioni, che le immissioni abbiano leso il diritto alla normale vita familiare e alla libertà personale all’interno della propria casa, diritti tutelati anche a livello costituzionale ed europeo.