Etna svela la sua rete nascosta di faglie con uno studio INGV–Università di Catania

Un’indagine congiunta dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università di Catania ha mappato l’articolata rete di faglie attive sotto il vulcano Etna. Analizzando oltre 15.000 terremoti registrati nel corso di circa vent’anni, i ricercatori hanno ricostruito le strutture che controllano la deformazione crostale e il loro rapporto con i flussi magmatici. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports col titolo “Earthquake clustering and structural modelling unravel volcano-tectonic complexity beneath Mount Etna”, mostra come le più vigorose eruzioni—quali quelle del 2018 e del 2021—siano anticipate da un marcato rilascio di energia sismica che coinvolge l’intera colonna crostale fino a circa 30 km di profondità. Durante le fasi eruttive, la pressione del magma può riattivare faglie distanti dai crateri, influenzando profondamente l’equilibrio tettonico.

«Il magma, salendo verso la superficie, genera pressioni che interferiscono con il sistema di faglie, alterando la stabilità della crosta ben oltre l’area sommitale», spiega Luciano Scarfì (INGV), primo autore della ricerca. Di particolare rilievo è il comportamento del fianco orientale dell’Etna, noto per il suo graduale scivolamento verso il Mar Ionio. I dati rivelano che questo movimento avviene lungo più strutture, attivate da una combinazione di faglie antiche, spinte magmatiche e cedimenti superficiali. «La sismotettonica del vulcano è dominata dalla riattivazione di strutture ereditate dalla lunga storia geologica della zona, molte delle quali non sono visibili in superficie», aggiunge Giovanni Barreca (Università di Catania).

Il team, che include anche Carmelo Cassisi e Horst Langer (INGV), sottolinea come la nuova comprensione della struttura interna dell’Etna rappresenti un significativo progresso nella valutazione del rischio vulcanico. La metodologia sviluppata—che integra modelli tridimensionali, tecniche sismologiche avanzate e algoritmi di data mining—può essere applicata anche ad altri vulcani attivi in contesti tettonici complessi, offrendo uno strumento replicabile per lo studio dei sistemi vulcanici a livello globale.

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