EMERGENZA – Ministero della salute, “siamo alla canna del gas”: in pronto soccorso solo infermieri e amministrativi | Sistema sanitario al collasso

Medici e infermieri - (cataniaoggi.it-pexels) (2)

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Una professione che nessuno vuole più fare per i rischi che si corrono ogni giorni tra aggressioni e stipendi da fame

Il triage rappresenta il primo e fondamentale momento di valutazione all’interno di un Pronto Soccorso. È un processo che non si limita alla registrazione dei dati anagrafici, ma determina le priorità cliniche con cui i pazienti devono essere assistiti. Un triage efficace può fare la differenza tra la vita e la morte, e per questo va affidato a professionisti preparati, consapevoli del proprio ruolo e delle gravi responsabilità che comporta.

La parola triage deriva dal francese “trier”, che significa scegliere o classificare. In ambito sanitario, indica il metodo attraverso cui si assegna un codice di priorità ai pazienti in base alla gravità delle loro condizioni. In situazioni di afflusso elevato, come spesso accade nei Pronto Soccorso, è essenziale valutare rapidamente chi ha bisogno di intervento immediato e chi può attendere, sempre tutelando la salute e la vita di ciascun paziente.

Secondo le Linee Guida emanate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2021, il triage deve essere effettuato esclusivamente da infermieri esperti, adeguatamente formati, e costantemente presenti nell’area di accoglienza. Questi professionisti devono essere in grado di leggere i sintomi, interpretare i segni clinici e riconoscere prontamente situazioni di potenziale pericolo, classificando correttamente i pazienti secondo un sistema di codici a priorità decrescente.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15076/2025, ha affrontato un caso emblematico riguardante il triage. Una paziente asmatica, giunta in Pronto Soccorso, era stata classificata con un codice verde. Questo errore ha provocato un ritardo fatale nel trattamento, conclusosi con un arresto cardiaco. La Corte ha confermato la responsabilità civile dell’infermiera che aveva effettuato la valutazione, sottolineando come il triage non possa essere considerato un atto burocratico, bensì una vera e propria attività clinica.

L’importanza della valutazione clinica attiva

L’infermiere di triage non è un semplice esecutore di protocolli. È, al contrario, un professionista chiamato a compiere una valutazione clinica attenta, attiva e dinamica, sulla base dei segni e sintomi riferiti o osservati. La corretta attribuzione del codice di priorità dipende non solo da strumenti e tabelle, ma anche dalla capacità clinica e dal giudizio esperto dell’operatore sanitario.

Un aspetto fondamentale del triage riguarda la capacità di individuare e prevenire gli eventi sentinella, ovvero quegli episodi avversi che possono comportare gravi conseguenze per il paziente e minare la fiducia dei cittadini nel sistema sanitario. Sorvegliare e riconoscere precocemente tali situazioni è un compito di sanità pubblica, che coinvolge direttamente anche gli infermieri di triage.

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La responsabilità del professionista in prima linea

Con la sua sentenza, la Cassazione ha ribadito che l’infermiere di triage ha un ruolo attivo nella tutela della vita del paziente. Il suo intervento non può ridursi a un’azione meccanica. È invece chiamato ad assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, attraverso un’attenta analisi delle condizioni cliniche per evitare il deterioramento improvviso delle stesse.

Questa pronuncia rappresenta un monito per l’intero sistema sanitario: il triage deve essere riconosciuto come un atto complesso e altamente specialistico. Formazione continua, aggiornamento professionale e consapevolezza del proprio ruolo sono strumenti imprescindibili per garantire la sicurezza del paziente e l’efficacia dell’intervento sanitario sin dal primo contatto.