URGENTE MINISTERO DELL’AMBIENTE – Cercasi accalappia serpenti: stipendio base 9.000€ | “Li vogliamo vivi”
Serpenti - (cataniaoggi.it-pexels)
Questo posto è infestato dai rettili che rendono la vita impossibile ai cittadini, la colpa è del cambiamento climatico
Le Everglades, in Florida, è una delle zone umide più iconiche del pianeta, non suonano più come un tempo. Il coro naturale di uccelli, rane e altri animali selvatici è stato sostituito da un silenzio irreale, interrotto soltanto dal fruscio del vento tra le erbe. Questo silenzio è il segnale più evidente di un dramma ecologico in corso: la lenta ma costante invasione dei pitoni birmani.
Originari del sud-est asiatico, i pitoni birmani sono arrivati in Florida come animali domestici esotici. Negli anni ’90, molti proprietari li hanno rilasciati in natura, incapaci di gestirli una volta cresciuti fino a cinque metri di lunghezza. Alcuni sono stati persino scaricati nei sistemi fognari, dando vita alla leggenda dei “serpenti del water”. Da allora, si sono adattati con incredibile rapidità e oggi si stima che ci siano oltre un milione di esemplari nelle Everglades.
Privi di predatori naturali in questa regione, i pitoni sono diventati i signori incontrastati dell’ecosistema. Si nutrono di ogni creatura disponibile, inclusi alligatori, cervi, uccelli e piccoli mammiferi. La loro presenza ha alterato l’equilibrio ecologico in modo drammatico, portando al collasso di molte popolazioni autoctone. La loro incredibile capacità di mimetizzarsi nella vegetazione rende la loro individuazione estremamente difficile, perfino per gli esperti.
Donna Kalil è una delle figure simbolo della lotta contro questi rettili. Cacciatrice autorizzata dallo Stato, trascorre le notti nelle strade sterrate delle paludi con il solo ausilio di una torcia e un cacciavite. Ha eliminato centinaia di esemplari e continua a farlo con determinazione, anche se afferma di non amare parlare delle sue “uccisioni”. Il suo lavoro, però, è essenziale per contenere il fenomeno.
Incentivi economici per frenare l’invasione
Lo Stato della Florida ha istituito un programma di compensi per i cacciatori di pitoni. Ogni esemplare catturato può fruttare fino a 175 dollari, con ulteriori premi per il ritrovamento di nidi. Ogni anno si tiene anche la Python Challenge, una competizione aperta a tutti, che mette in palio 10.000 dollari per chi cattura il maggior numero di serpenti. Ma nonostante l’impegno, i risultati sono ancora troppo modesti.
I biologi, armati di trasmettitori e tecnologie moderne, cercano di comprendere gli spostamenti dei pitoni. Tuttavia, la fitta vegetazione e l’immensità del territorio rendono la ricerca estremamente complicata. Brandon Welty, uno dei ricercatori coinvolti, teme che la battaglia sia ormai persa. Le strategie più innovative, come l’impiego di cani da traccia, droni o richiami ormonali, non hanno dato i risultati sperati.
Un volto nuovo nella lotta
Rosie Moore, geoscienziata e divulgatrice, ha scelto un approccio diverso per affrontare il problema. Con un’immagine moderna e anticonformista, documenta l’impatto ecologico dell’invasione dei pitoni e partecipa attivamente alla ricerca. Ammette di amare questi animali, ma sottolinea con fermezza che non appartengono a questo ambiente. Secondo lei, non è più possibile sradicare il problema, ma si può ancora limitarne i danni.
Mentre i pitoni continuano a dominare le Everglades, un’altra minaccia si affaccia sullo scenario. Si tratta del tegu, una grande lucertola sudamericana che si nutre di uova di alligatori e di uccelli. Donna Kalil, tornando da una notte infruttuosa, lancia un monito: il tegu potrebbe essere persino più distruttivo del pitone. Nelle Everglades, la guerra contro le specie invasive è tutt’altro che finita.