ALLERTA CARDIOLOGIA – In spiaggia a rinfrescarti? Se l’acqua è a questa temperatura il cuore si ferma | Ci rimani secco alla prima immersione
Sindrome da idrocuzione - (cataniaoggi.it-pexels)
Cos’è la sindrome da idrocuzione e perché può essere mortale e quando il rischio diventa concreto
La sindrome da idrocuzione è una condizione acuta che si verifica in seguito a un’immersione rapida in acqua fredda, specialmente dopo una lunga esposizione al sole o durante la digestione. Il termine tecnico può sembrare complesso, ma si tratta di un rischio molto reale, soprattutto durante l’estate, e può colpire chiunque, indipendentemente dall’età o dalla preparazione fisica. Questa sindrome si manifesta in modo improvviso, portando a svenimenti, arresto cardiaco o respiratorio, e nei casi più gravi, al decesso per annegamento.
Il corpo umano, quando sottoposto a una brusca variazione di temperatura, innesca una serie di riflessi neurovegetativi. Nel caso dell’idrocuzione, l’impatto dell’acqua fredda sulla pelle provoca una vasocostrizione repentina che agisce a livello del tronco encefalico. Questo effetto può interferire con i centri di regolazione del battito cardiaco e della respirazione, portando a un arresto cardiocircolatorio. Se l’arresto non è immediatamente letale, può comunque causare una sincope, cioè una perdita improvvisa di coscienza, che in acqua si trasforma spesso in un annegamento.
La sindrome da idrocuzione non è un fenomeno raro. Accade più spesso di quanto si pensi, soprattutto nei mesi estivi, quando ci si tuffa in acqua dopo aver trascorso ore sotto il sole. Il rischio aumenta esponenzialmente se si è appena mangiato, se si è svolta attività fisica o se il corpo è surriscaldato. L’acqua fredda, che nei laghi o nei fiumi può essere anche di 15-18 gradi, crea un contrasto troppo forte con la temperatura corporea, che normalmente si attesta intorno ai 37 gradi.
Molte delle vittime di idrocuzione si registrano in laghi e fiumi. A differenza del mare, queste acque sono dolci e quindi non offrono la stessa spinta di galleggiamento dell’acqua salata. Se una persona perde conoscenza dopo essersi tuffata in un lago o in un fiume, le possibilità di restare a galla sono minime. Questo rende il soccorso più difficile e l’esito spesso drammatico, specialmente se nessuno si accorge immediatamente dell’incidente.
I sintomi premonitori da non ignorare
In alcuni casi, la sindrome da idrocuzione può manifestarsi con sintomi premonitori. Ronzii alle orecchie, nausea, affaticamento, senso di freddo improvviso o una visione alterata sono segnali che il corpo sta reagendo in modo anomalo. Se avvertiti prima di un tuffo, devono essere considerati un campanello d’allarme. Ignorarli potrebbe significare esporsi a un rischio enorme senza neppure rendersene conto.
La prevenzione è l’arma più efficace contro l’idrocuzione. Prima di entrare in acqua, è essenziale procedere con calma, bagnandosi gradualmente, iniziando dalle estremità, il viso e il petto. Questo consente al corpo di adattarsi alla temperatura e ridurre il rischio di shock termico. Occorre prestare ancora più attenzione dopo i pasti o dopo esposizioni prolungate al sole, momenti in cui il corpo è più vulnerabile.
L’importanza della consapevolezza
Molti giovani, ma anche adulti, non sono consapevoli dell’esistenza della sindrome da idrocuzione. Il termine è poco noto, eppure ogni estate si verificano decessi che potrebbero essere evitati con un’informazione corretta. Non si tratta di vietare i tuffi, ma di comprendere quando farli in sicurezza. Rispettare alcune semplici regole può fare la differenza tra un bagno rinfrescante e una tragedia.
Sensibilizzare sull’idrocuzione è un dovere collettivo. Famiglie, educatori, bagnini e media dovrebbero contribuire alla diffusione di informazioni corrette. Spiegare ai più giovani perché non devono tuffarsi di colpo dopo un pasto o dopo essere stati a lungo al sole è un gesto di responsabilità. Perché la sindrome da idrocuzione, pur silenziosa e improvvisa, può essere affrontata e prevenuta con consapevolezza e attenzione.