Gli inquirenti stringono il cerchio sull’attentato a Sigfrido Ranucci. Si indaga tra malavita locale, frange estreme del tifo organizzato e ambienti radicali. Analizzati i resti dell’ordigno esploso a Pomezia.

ROMA – L’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione Report, potrebbe essere opera di soggetti legati alla criminalità locale o a gruppi ultras. È una delle ipotesi su cui lavorano i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, dopo l’esplosione che ha distrutto le due automobili del giornalista parcheggiate davanti alla sua abitazione a Pomezia.

Secondo le prime analisi, si tratterebbe di un ordigno rudimentale ma potenzialmente letale, una bomba carta “potenziata” preparata da qualcuno con esperienza nel maneggiare esplosivi. Un’azione pianificata, messa in atto da chi conosceva bene le strade e i movimenti della zona. L’ipotesi più accreditata è quella di un atto intimidatorio organizzato da persone del posto, capaci di muoversi senza destare sospetti.

Le indagini, affidate ai Carabinieri di Frascati e coordinate dal procuratore capo Francesco Lo Voi e dal sostituto Carlo Villani, mirano a ricostruire la rete di rapporti e possibili collegamenti con la criminalità territoriale. Gli investigatori stanno acquisendo elementi anche tramite audizioni e rilievi scientifici, con particolare attenzione ai resti dell’ordigno, circa un chilogrammo di polvere pirica pressata, ora all’esame del RIS.

Non si esclude che l’attacco possa essere stato un avvertimento preventivo legato a inchieste in corso o a servizi in preparazione per Report. Lo stesso Ranucci, ascoltato dagli inquirenti, non ha escluso che si possa trattare di un messaggio intimidatorio collegato alle prossime puntate del programma, dedicate – ha spiegato – ai rapporti tra mafia, appalti e infiltrazioni criminali.

Gli inquirenti, intanto, stanno cercando di risalire all’identità dell’uomo incappucciato che un testimone avrebbe visto poco prima della deflagrazione. L’ipotesi è che possa trattarsi di un soggetto “autoctono”, parte di un gruppo locale, che avrebbe seguito per giorni gli spostamenti del giornalista. Ranucci, infatti, era fuori casa da alcuni giorni, elemento che suggerisce una possibile attività di pedinamento.

Le indagini – spiegano fonti investigative – si muovono anche lungo la pista dell’estrema destra e del tifo organizzato, con verifiche su eventuali intrecci tra ambienti ultras radicali e criminalità comune. La bomba, secondo gli esperti, potrebbe contenere una “firma” riconducibile all’autore o agli autori dell’attacco, utile a delineare il profilo dei responsabili.

Il procuratore Lo Voi ha disposto ulteriori accertamenti su contatti e comunicazioni sospette avvenute nei giorni precedenti. L’obiettivo è stabilire se l’attentato possa essere collegato a un contesto più ampio di intimidazioni nei confronti di giornalisti impegnati in inchieste su criminalità, politica e affari. La Procura non esclude alcuna pista e prosegue nel massimo riserbo.

L’episodio ha suscitato ampia solidarietà nel mondo del giornalismo e delle istituzioni. Numerosi colleghi e associazioni di categoria hanno espresso vicinanza a Sigfrido Ranucci, ribadendo l’importanza della libertà di stampa e del diritto dei cittadini a essere informati.