Cimitero di Aci Catena, due indagati per vilipendio e rifiuti cimiteriali
Il direttore Alfio Di Grazia e il dirigente comunale Alfio Grassi sono accusati di deposito incontrollato di rifiuti e vilipendio di cadavere. L’indagine condotta dai carabinieri di Acireale svela irregolarità gravi nelle sepolture.
CATANIA – Si apre un nuovo capitolo giudiziario nel Catanese con l’inchiesta sul cimitero di Aci Catena, dove emergono presunte violazioni igienico-sanitarie di rilievo. Secondo quanto reso noto da Rei Tv, i primi indagati sono il direttore del camposanto, Alfio Di Grazia, e il dirigente dell’area tecnica comunale, ingegnere Alfio Grassi. Le accuse mosse nei loro confronti sono di deposito incontrollato di rifiuti cimiteriali e vilipendio di cadavere.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Catania e condotta dai carabinieri della compagnia di Acireale, era partita dopo la segnalazione di alcuni familiari di defunti. Gli investigatori hanno scoperto una vera e propria discarica di bare, casse in zinco, paramenti funebri e resti umani non catalogati, abbandonati sulla nuda terra o accatastati nell’ossario comunale.
Il procedimento si trova ancora nelle sue fasi iniziali ma potrebbe estendersi a ulteriori figure istituzionali, al momento sottoposte a verifica. Nelle ultime ore è stato effettuato un nuovo sopralluogo nel cimitero, durante il quale sarebbero emerse gravi irregolarità nelle sepolture, tra cui sversamenti di liquidi dalle bare e presenza di vermi in loculi di recente costruzione.
Le forze dell’ordine hanno posto sotto sequestro l’ossario comunale, dove sarebbero stati ritrovati una trentina di teschi umani e altro materiale organico in avanzato stato di degrado. Mancano inoltre gli archivi cimiteriali, risultati irreperibili. Gli inquirenti non escludono che nella fossa comune possano trovarsi resti riconducibili a casi di “lupara bianca” rimasti irrisolti.
Gli approfondimenti proseguiranno nei prossimi giorni con ulteriori verifiche tecniche e accertamenti sulla gestione amministrativa del sito.
Le persone coinvolte sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva di condanna, nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza. Chiunque voglia esercitare il diritto di replica può farlo nei modi e nei termini previsti dalla legge.
