Il peggio, a quanto pare, deve ancora arrivare. La recente bocciatura in Sala d’Ercole della riforma dei Consorzi di bonifica è soltanto l’ultima battuta d’arresto per la Giunta regionale e per la maggioranza di centrodestra: un nuovo episodio di una legislatura destinata a scivolare nell’oblio. Eppure il governatore Renato Schifani l’ha definita una riforma «cruciale», promettendo di ripresentarla in autunno. Intanto la sconfitta fotografa un bilancio legislativo modesto: dal dicembre 2022 a oggi, su oltre ottanta leggi approvate, ventinove riguardano il riconoscimento di debiti fuori bilancio, cioè spese impreviste. Oltre un terzo del tempo d’Aula è stato usato per tappare buchi contabili.
Tolti questi provvedimenti‑tampone, resta ben poco: norme di scarso peso, ritocchi a confini o denominazioni (basti citare il caso Tripi), interventi microscopici, recepimenti di leggi statali (Codice dei contratti, “Piano casa” di Salvini), regolamenti su cave, Ncc, consigli comunali dei ragazzi. Poi ci sono le finanziarie d’obbligo e le immancabili leggi omnibus: contenitori dai titoli vaghi, riempiti di emendamenti una tantum o contributi a pioggia che hanno attirato l’attenzione di Mef e procure (vedi il “reddito di povertà”).
Il vero peso, però, viene da ciò che è rimasto nel cassetto. Riforme annunciate come decisive si sono arenate tra risse di partito e faide interne. L’esempio‑chiave è la nuova rete ospedaliera, bocciata da sindaci, sindacati, opposizione e, tra le righe, da parte della stessa maggioranza: niente razionalizzazione del personale, zero visione d’insieme, tagli lineari nel solco del decreto Balduzzi, con il sospetto di favori a ospedali “protetti”.
Cosa resta in eredità? Il tentativo di riesumare le vecchie Province con l’elezione diretta è evaporato. Dopo rinvii su rinvii, si è tornati al voto di secondo livello e la coalizione si è frantumata. È ferma anche la riforma degli enti locali – dove giace l’articolo sul 40 % di quote rosa in giunta – così come la riforma della dirigenza, teoricamente prioritaria.
Nel frattempo, le tensioni interne s’incendiano. Dopo giorni di botta e risposta, gli uomini di Raffaele Lombardo hanno di nuovo polemizzato con il leader Dc Totò Cuffaro, accusato di addossare agli autonomisti la bocciatura dei Consorzi: «Parli di buona politica e d’interessi dei siciliani altrove», la replica dell’Mpa. Tutto mentre si attende l’esito dell’inchiesta sul presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, potenziale scossa tellurica per Palazzo dei Normanni. Il bilancio provvisorio è dunque un catalogo di promesse mancate, misure tampone e un panorama politico sempre più sfilacciato.