SCANDALO Sanità, operano a cuore aperto per 6,69€ all’ora: medici pagati come i ciabattini | Il 70% dello stipendio in tasse
Medico (cataniaoggi.it-pexels)
Medici cubani in Calabria ma sfruttati per un compenso minimo, il doppio contratto e l’illusione della giusta retribuzione
È in una sala di riposo di un ospedale calabrese che prende forma il racconto pubblicato da CubaNet, il network con sede in Florida, da sempre critico nei confronti del regime dell’Avana. È dicembre 2024 quando una dottoressa cubana, leggendo messaggi di colleghi scoraggiati su Whatsapp, apprende l’ultima direttiva della Missione medica cubana in Italia: un ulteriore taglio agli stipendi già ridotti. Le nuove trattenute richieste dalla Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos (Csmc) riducono il salario effettivamente percepito a meno di sette euro l’ora, a fronte dei 34,50 euro pattuiti dagli accordi ufficiali.
Il meccanismo alla base del compenso dei medici cubani inviati in Calabria prevede che l’Italia versi regolarmente gli stipendi previsti dal contratto. Tuttavia, è proprio lo Stato cubano a esigere che una parte significativa di quella somma venga retrocessa tramite una sorta di imposta non prevista dalla normativa fiscale italiana. Secondo le testimonianze raccolte, i professionisti in servizio trattengono solo una percentuale variabile tra il 28% e il 46% del salario base e appena il 28,5% degli straordinari e dei benefit accessori.
L’accordo siglato nel 2022 tra il governo italiano e Cuba, nato per far fronte alla carenza di personale medico in Calabria, si è presto rivelato meno equo del previsto. Il contratto italiano riconosce un compenso annuo di 67mila euro lordi, ma quello cubano impone che ai medici restino solo 1.200 euro al mese, ridotti a 1.000 per i primi sei mesi. Le divergenze tra i due documenti contrattuali generano un sistema opaco e penalizzante per i professionisti, che devono rinunciare a buona parte del frutto del proprio lavoro.
CubaNet ha documentato che anche i compensi aggiuntivi, come gli straordinari e la tredicesima, sono soggetti a trattenute pesanti. In alcuni casi, ai medici è arrivato meno del 20% di quanto previsto. Le trattenute sono giustificate in modo ambiguo dai coordinatori locali, talvolta presentate come “donazioni volontarie” destinate al popolo cubano. In realtà, si tratta di prelievi sistematici imposti dal sistema di controllo centralizzato della missione.
Un controllo che va oltre il salario
Oltre al danno economico, i medici devono fare i conti con un sistema di sorveglianza rigido. La cosiddetta “circolare 13” stabilisce vincoli estremi sulla libertà personale: spostarsi da una provincia all’altra, instaurare relazioni o iscriversi a sindacati richiede autorizzazioni speciali. Anche le attività online sono monitorate: chi non partecipa attivamente alle pagine ufficiali o non mostra “gradimento” può finire sotto osservazione.
Secondo quanto riportato, circa trenta membri della missione non sarebbero medici, ma community manager incaricati di monitorare l’attività digitale del gruppo. Le loro mansioni comprendono la redazione di report settimanali sulle interazioni social, la raccolta di statistiche sull’uso dei contenuti propagandistici e il controllo della partecipazione dei colleghi. Il loro ruolo, definito strategico, è quello di alimentare l’immagine positiva del governo cubano all’estero.
Una missione in bilico tra necessità e violazioni
Il contributo dei medici cubani alla sanità calabrese è stato fondamentale, soprattutto dopo l’emergenza Covid. Hanno garantito la continuità dell’assistenza in reparti altrimenti destinati alla chiusura. Tuttavia, il prezzo pagato da questi professionisti, tra pressioni, trattenute e vincoli personali, solleva interrogativi profondi sulla natura stessa di questa collaborazione.
La vicenda dei medici cubani in Calabria non è solo un problema di buste paga, ma uno spaccato complesso in cui emergono violazioni dei diritti, controllo statale e necessità strutturali del sistema sanitario italiano. La comunità internazionale guarda con crescente preoccupazione a questi modelli di cooperazione, in bilico tra aiuto umanitario e sfruttamento. Intanto, quei medici continuano a lavorare ogni giorno, tra corsie e silenzi, portando con sé il peso di una missione che non sempre lascia spazio alla libertà.