Pubblica Amministrazione, da oggi entri senza concorso: ti pagano a vita uno stipendio da favola | Approvata la nuova legge
lavoro (pexels) - cataniaoggi
Una rivoluzione senza precedenti scuote il mondo del lavoro pubblico in Italia.
Lavoro e disoccupazione sono temi che da sempre tengono banco nel dibattito pubblico italiano. In un Paese dove il tasso di disoccupazione rimane una spada di Damocle per migliaia di giovani e adulti, le politiche per l’accesso e la crescita professionale nella Pubblica Amministrazione rappresentano un nodo cruciale.
Da anni, il concorso pubblico è stato visto come il simbolo di una meritocrazia possibile: un filtro trasparente che garantiva a tutti, senza favoritismi, di entrare e progredire nel mondo del lavoro pubblico. Questo sistema ha rappresentato una sicurezza e una speranza per molti aspiranti dipendenti statali, in un mercato del lavoro spesso segnato da precarietà e incertezza.
Negli ultimi tempi, però, qualcosa sta cambiando. Le esigenze di flessibilità e rapidità nella gestione delle risorse umane della Pubblica Amministrazione hanno spinto il Governo a rivedere radicalmente questo modello. L’idea è quella di premiare il cosiddetto “merito” in maniera diversa, più interna e meno legata a prove selettive esterne.
Il nuovo volto della carriera nella PA
La recente legge approvata dal Governo, e fortemente voluta dal Ministro Paolo Zangrillo, introduce un elemento di novità rivoluzionaria: la possibilità per i funzionari pubblici di diventare dirigenti senza dover più superare il tradizionale concorso pubblico.
Secondo il testo, la promozione avverrà tramite un percorso interno basato sulla valutazione della performance e sui risultati conseguiti, eliminando così l’obbligo di una selezione aperta e standardizzata. Ufficialmente, si tratta di un modo per valorizzare l’esperienza concreta e premiare chi dimostra competenza sul campo. Ma dietro questa facciata si nascondono criticità non trascurabili. Il nuovo sistema rischia infatti di trasformarsi in una sorta di corsia preferenziale per chi ha già un buon rapporto con i vertici gerarchici, aprendo la strada a forme di cooptazione e favoritismo difficilmente controllabili dall’esterno.
La fine di una garanzia storica
L’articolo 97 della Costituzione italiana sancisce con chiarezza: “agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”. Questo principio non è solo una norma tecnica, ma una garanzia di imparzialità e trasparenza a tutela dei cittadini e del buon funzionamento dello Stato. Il concorso pubblico è stato per decenni il baluardo contro nepotismo, clientelismo e ingerenze politiche. Le prove anonime e uguali per tutti hanno rappresentato un filtro fondamentale, capace di selezionare i migliori in modo equo e aperto.
Eliminare questo strumento per la progressione verso la dirigenza significa sostituire un meccanismo oggettivo, trasparente e universalistico con un processo interno, soggettivo e opaco. Si chiude la porta ai talenti esterni e si rischia di instaurare un sistema dove la carriera dipende meno dalle capacità e più dalle relazioni interne. In sostanza, quella che si presenta come una riforma meritocratica potrebbe trasformarsi in un meccanismo per premiare “i fedelissimi per legge”, una svolta che cambia radicalmente i connotati dell’amministrazione pubblica italiana.