Ponte sullo Stretto, ingegneri a confronto: «Opera visionaria per connettere l’Europa e rilanciare la Sicilia»
Collegare fisicamente Sicilia e Calabria per saldare il Corridoio TEN-T, proiettare l’Italia al centro dei traffici euro-mediterranei e imprimere una svolta allo sviluppo socio-economico dell’isola. Intorno a questa prospettiva si è snodato l’incontro promosso dall’Ordine degli Ingegneri di Catania, che ieri ha riunito al Palazzo dell’Etna rappresentanti istituzionali, docenti universitari ed esperti di infrastrutture per fare il punto sullo stato della viabilità in Sicilia e, soprattutto, sullo stato dell’arte del Ponte sullo Stretto di Messina.
In collegamento da Roma il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha confermato i passi avanti dell’iter autorizzativo: «Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato le 180 pagine di via libera ambientale: il fascicolo è già pronto per Bruxelles e, se il cronoprogramma sarà rispettato, il progetto definitivo potrà ricevere l’approvazione del Cipess entro giugno, con avvio lavori nell’estate 2025». L’intervento, ha chiarito il ministro, non si esaurirà nel ponte a campata unica da 3,3 chilometri ma comprenderà alta velocità ferroviaria, adeguamenti stradali su entrambe le sponde, una metropolitana dello Stretto e un pacchetto di opere connesse «capaci di generare 120 mila posti di lavoro e coinvolgere centinaia di imprese, con un forte indotto nel Mezzogiorno». Salvini ha insistito anche sul versante dell’affidabilità: «La sfida si vince con un quadro normativo stabile e trasparente, in sinergia con le istituzioni per blindare i cantieri da ogni infiltrazione criminale».
Per Mauro Scaccianoce, presidente degli ingegneri etnei, la realizzazione del ponte varrà come «atto di consacrazione dell’ingegneria italiana, eccellenza riconosciuta a livello mondiale», oltre che «volano imprescindibile per colmare il gap infrastrutturale Nord-Sud». Senza l’opera, ha osservato, «il corridoio logistico europeo si interrompe in mezzo al Mediterraneo e la Sicilia continua a pagare il costo della sua insularità». Accanto alla “grande opera”, Scaccianoce ha invocato «un piano di manutenzione sistematica delle infrastrutture esistenti, fondato su controlli, monitoraggi e intelligenza artificiale, per garantire durabilità e sicurezza».
Un monito ripreso da Raffaele Celia, che per Anas Sicilia ha illustrato il «salto di qualità» in atto: risorse per manutenzione quintuplicate, ma ancora inadeguate se rapportate ai numeri dell’isola, che conta oltre 4 mila chilometri di strade statali e consortili e 1 800 chilometri in carico alla Città metropolitana di Catania, molti dei quali segnati da dissesto e usura. Angelo Emanuele Cavallaro, esperto di monitoraggio con sistemi di intelligenza artificiale, ha invocato l’adozione di sensori, “digital twin” e manutenzione predittiva, «soluzioni già coperte dai fondi Pnrr ma ancora prive di standard europei che ne incentivino l’installazione».
Sul palco si sono avvicendati fra gli altri Fabio Corvo (Consulta Ingegneri Sicilia), il docente Alessandro Di Graziano (DICAr UniCt), Antonio Ferraro (Consorzio Autostrade Siciliane), Giuseppe Galizia (Città metropolitana di Catania), Guido Biaggio (Ustra, Ufficio federale strade Svizzera) e Anna Sidoti (CAS), a testimoniare la necessità di far dialogare “grandi opere” e “microprogettualità”, visione a lungo termine e cura quotidiana del territorio.
Il messaggio emerso è chiaro: la Sicilia può e deve tornare protagonista della mobilità euro-mediterranea, ma per farlo serve un piano organico, duraturo e condiviso che affianchi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto la manutenzione programmata della rete viaria esistente, strumenti tecnologici di controllo e un quadro normativo impermeabile a interessi illeciti. Solo così il ponte potrà diventare, da infrastruttura visionaria, leva concreta di crescita per l’intero Sud.