Pensioni, brutte notizie per il 2026: se ci vai quest’anno perdi tutto il TFR | Se lo tiene lo stato
Inps (cataniaoggi.it-pexels)
Pensioni a 64 anni, il dibattito sul Tfr in cambio dell’anticipo, ecco la nuova ipotesi del governo
Il tema pensioni torna al centro del confronto politico ed economico. Il governo, per voce del sottosegretario al ministero del Lavoro Claudio Durigon, sta lavorando a una misura che potrebbe interessare molti lavoratori: la possibilità di andare in pensione a 64 anni, cedendo però all’Inps il proprio Tfr accumulato negli anni. Una proposta che punta a conciliare la volontà di smettere prima con la sostenibilità dei conti pubblici.
L’idea è quella di consentire a chi non raggiunge le soglie richieste per la pensione anticipata contributiva di integrare l’assegno con il Trattamento di fine rapporto. In pratica, il Tfr non verrebbe liquidato in un’unica soluzione alla cessazione del lavoro, ma trasformato in rendita mensile, andando ad aumentare la pensione e permettendo di raggiungere il requisito economico minimo. Una scelta che non azzera i risparmi, ma li distribuisce lungo tutta la quiescenza.
Oggi la possibilità di smettere di lavorare a 64 anni è riservata a chi rientra interamente nel sistema contributivo o a chi sceglie il computo nella Gestione Separata. Sono richiesti almeno 25 anni di contributi e il raggiungimento di una soglia minima d’importo: tre volte l’assegno sociale per gli uomini, ridotta per le donne con figli. Una barriera pensata per garantire che chi va in pensione in anticipo disponga di un assegno dignitoso.
Nel 2025 l’assegno sociale vale 538,68 euro al mese. Di conseguenza, l’importo minimo richiesto per l’anticipo è pari a 21.008,52 euro per gli uomini, 19.607,95 euro per le donne con un figlio e 18.207,38 euro per quelle con due figli. Soglie che aumentano ogni anno in base all’inflazione e che rischiano di diventare un ostacolo per chi ha avuto carriere discontinue o salari bassi.
La novità prevista dal 2026
Per superare queste difficoltà, il governo pensa di introdurre dal 2026 la possibilità di utilizzare il Tfr accumulato per integrare la pensione. In questo modo anche chi non ha potuto costruire una previdenza complementare o non ha versato contributi sufficienti potrebbe avere accesso all’uscita anticipata. Una misura che, se approvata, varrebbe per tutti i lavoratori, compresi quelli con contributi maturati nel retributivo.
La prospettiva di lasciare il lavoro a 64 anni rappresenta per molti un sollievo, ma non mancano i lati negativi. Rinunciare al Tfr come liquidazione significa dire addio a una somma spesso utilizzata per ristrutturare casa, aiutare i figli o concedersi un progetto personale. Inoltre, l’applicazione del metodo contributivo potrebbe comportare un assegno più basso rispetto al sistema misto o retributivo.

Un bilancio personale da valutare
Ogni lavoratore dovrà dunque valutare con attenzione la convenienza. Da un lato c’è la possibilità concreta di lasciare il lavoro con tre anni di anticipo, dall’altro la rinuncia a una liquidazione immediata e la prospettiva di un assegno ridotto. Una scelta che dipende dalle esigenze individuali, dal patrimonio familiare e dai progetti di vita.
Il tema pensioni resta uno dei nodi più delicati per il futuro dell’Italia. La proposta di legare il Tfr alla possibilità di andare in pensione a 64 anni rappresenta una soluzione di compromesso, ma rischia di dividere l’opinione pubblica. Nei prossimi mesi il confronto politico e sindacale sarà decisivo per capire se questa ipotesi diventerà realtà o resterà solo un esperimento sulla carta.
