Tracce di verità negli omicidi di Michele Reina e Piersanti Mattarella
Ripresa da la Repubblica Palermo oggi in edicola, una straordinaria fotografia degli anni Settanta, conservata nell’Archivio de “L’Ora” presso la Biblioteca regionale, immortala Piersanti Mattarella—allora assessore al Bilancio—e Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana, intenti a far funzionare un microfono prima di un comizio. Quel gesto prometteva un nuovo corso politico per Palermo, ma presto i loro sogni si sarebbero spenti con i loro proiettili. Michele Reina cadde sotto i colpi in via Principe di Paternò il 9 marzo 1979. Meno di un anno dopo, Mattarella, ormai presidente della Regione, fu assassinato in via Libertà il 6 gennaio 1980. Entrambi vittime eccellenti di Cosa Nostra, per i quali sono stati condannati i vertici mafiosi nel processo Falcone, ma non gli esecutori armati: né i protagonisti dei delitti né i mandanti sono ancora stati identificati. La notizia viene riportata da Repubblica.
Cinque anni orsono la Procura di Palermo decise di riesaminare i bossoli rinvenuti nei due delitti, escludendo collegamenti con le armi utilizzate dai terroristi neofascisti Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, poi assolti per la strage di via Libertà. Le rivendicazioni telefoniche arrivate all’ANSA dopo entrambe le uccisioni si rivelarono depistaggi orchestrati da Cosa Nostra. Ora il procuratore Maurizio de Lucia ha esteso l’inchiesta anche al caso Reina, affidando alla DIA l’incarico di recuperare foto e video scattati la sera del 9 marzo 1979. La pista principale è l’impronta lasciata sullo sportello della Fiat 127 usata dai killer di Mattarella, la stessa che, in una Fiat Ritmo celeste, avrebbe accompagnato gli assassini di Reina. Domani i biologi del Gabinetto regionale di Polizia Scientifica cercheranno di estrarre il DNA da quel frammento, come già fatto per la 127. Sarebbe un passo cruciale verso l’identificazione dei sicari.
Nonostante i progressi della balistica e delle tecniche investigative, la vicenda di Michele Reina rimane ingiustamente relegata ai margini della memoria collettiva. La drammatica fotografia di Antonio Calabrò, che lo ritrae infiammare la platea del congresso provinciale del Partito Comunista poche ore prima di morire, non ha ancora trovato spazio nei libri di storia: pochi sanno che, nel suo ultimo discorso, Reina prospettava un “nuovo corso” per Palermo. Due giorni dopo l’omicidio, Vito Ciancimino, intervistato da Giacomo Galante su “L’Ora”, dichiarò: «Voltaire dice che dei vivi bisogna avere riguardo, dei morti si può dire tutta la verità». E aggiunse: «Reina e io avevamo lo stesso temperamento: dire in faccia ciò che pensiamo. Ma le decisioni decisive spettano sempre a Salvo Lima». Parole che, a distanza di decenni, squarciano un velo su alleanze e ambizioni politiche.
Come sottolinea Fiammetta Borsellino, non basta affidarsi ai soli magistrati: la ricerca della verità dev’essere coltivata nelle scuole, nelle università e nei luoghi di commemorazione. Le tracce – impronte, rivendicazioni deviate, fotografie — non sono semplici cimeli di cronaca: potrebbero diventare il nucleo di una nuova stagione antimafia, fondata sulla memoria critica e sul coraggio di non accettare l’impunità.