Violenza di genere in Italia: lo studio della Sapienza smentisce le differenze tra Nord e Sud
Nessuna frattura tra Nord e Sud, nessun legame diretto con il reddito o le condizioni sociali. È quanto emerge da un’analisi condotta dal Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Sapienza – Università di Roma, che ha studiato la distribuzione territoriale dei casi di femminicidio e la presenza dei Centri Anti Violenza (CAV) utilizzando modelli di intelligenza artificiale.
La ricerca, intitolata “Femicide, Anti-Violence Centers and Policy Targeting”, smentisce l’idea che il fenomeno sia concentrato in specifiche aree del Paese. I dati mostrano che la violenza di genere è un problema trasversale, che attraversa regioni, città e contesti sociali. In molti territori, i centri di aiuto mancano proprio dove le vittime sono più numerose, segno di un’assenza di pianificazione nazionale coerente. Secondo i ricercatori, una rete nazionale pianificata di centri anti violenza e servizi di sostegno potrebbe ridurre fino al 20% gli episodi di violenza sessuale e di femminicidio. Oggi, invece, la distribuzione dei servizi segue logiche locali e iniziative isolate.
La riflessione si intreccia con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che si celebra il 25 novembre. Istituita dalle Nazioni Unite nel 1999, la data commemora le sorelle Mirabal, attiviste dominicane assassinate nel 1960 per la loro opposizione al regime di Rafael Trujillo. In Italia e nel mondo, la giornata rappresenta un momento di memoria e impegno collettivo. Le scarpe rosse esposte nelle piazze sono diventate il simbolo universale della lotta contro la violenza di genere: un segno di silenzio e di denuncia, che ricorda le vite spezzate e l’urgenza di agire.
Il 25 novembre non deve essere solo una data di commemorazione, ma un punto di partenza per politiche concrete e durature. La violenza sulle donne non è un’emergenza temporanea, ma un problema strutturale che richiede risorse, formazione e una visione nazionale condivisa. Servono politiche stabili, fondi certi e una rete coordinata che unisca centri anti violenza, servizi sociali, scuole, sanità e forze dell’ordine. Solo un approccio integrato può garantire protezione e prevenzione reali. Le scarpe rosse che ogni anno riempiono le piazze italiane non devono essere solo simbolo di assenza, ma richiamo a un impegno costante. La memoria deve trasformarsi in responsabilità, l’indignazione in azione. La libertà e la sicurezza delle donne devono essere un diritto quotidiano, non un appello annuale.
