Palermo, allarme armi e giovani: la Commissione Antimafia regionale denuncia un’emergenza sociale
Nel capoluogo siciliano si moltiplicano i segnali di una deriva pericolosa: giovani armati, criminalità diffusa, procure senza mezzi. Cracolici: “Le armi sono ormai status symbol”. Caronia: “Dove manca lo Stato si insinua la mafia”.
PALERMO – I tavoli convocati in Prefettura erano stati fissati da tempo, come ha precisato il presidente della Commissione parlamentare Antimafia regionale Antonello Cracolici, ma il loro svolgimento, a pochi giorni dall’omicidio del ventunenne Paolo Taormina in via Spinuzza, ha inevitabilmente assunto un valore simbolico e urgente.
Una lunga giornata di confronto, iniziata con il prefetto Massimo Mariani e il questore Vito Calvino, proseguita con i vertici provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza, Luciano Magrini e Domenico Napolitano, e con il capo del Centro operativo della Direzione investigativa antimafia, Onofrio Panebianco. Poi gli incontri con la procuratrice generale Lia Sava e il procuratore capo Maurizio De Lucia, fino al pomeriggio, quando Cracolici, insieme ai commissari Roberta Schillaci, Bernadette Grasso e Marianna Caronia, ha incontrato una sala gremita di sindaci della provincia per analizzare la nuova geografia delle mafie in Sicilia.
Il quadro che emerge è quello di una città in tensione, attraversata da nuove leve del malaffare e da un preoccupante aumento di armi in circolazione. «A Palermo – ha denunciato Cracolici – c’è una presenza inquietante di pistole, non sappiamo se acquistate sul dark web o sotto casa, ma è chiaro che oggi tanti giovani, che non erano nati ai tempi della mafia stragista, subiscono il fascino del potere criminale».
La Procura di Palermo, secondo quanto riferito dalla deputata Roberta Schillaci, soffre una grave carenza di personale e strumenti: «Il 25 agosto il procuratore De Lucia ha inviato una lettera al ministro della Giustizia chiedendo un intervento urgente per colmare la mancanza di risorse. Non si può combattere una mafia che usa cripto-telefonini, intelligenza artificiale e criptovalute senza fornire mezzi adeguati a chi deve contrastarla».
Un’emergenza che non è solo giudiziaria ma profondamente culturale. «Dobbiamo interrogarci su questa voglia di mafia che cresce nelle periferie», ha avvertito Schillaci, mentre Cracolici ha ribadito che «la mafia resta una ferita aperta, una emergenza permanente per la Sicilia».
Nel cuore di Palermo si assiste al ritorno del mito dei boss stragisti. Giovani armati, spesso minorenni, inneggiano a Totò Riina e vantano sui social la propria violenza, accumulando like e consensi virtuali. «È un segnale drammatico – ha osservato Cracolici –. Quando un ragazzo di vent’anni compra un’arma, poco importa se dal dark web o dal fruttivendolo di quartiere: significa che quell’arma è diventata un simbolo di status, come un telefono di ultima generazione. E questo è il segno di un disfacimento sociale che non possiamo ignorare».
Dopo l’omicidio di Paolo Taormina, il capoluogo è presidiato da pattuglie di Polizia e Carabinieri anche nelle zone più periferiche, ma la fiducia dei cittadini resta fragile. «Dove lo Stato manca, la criminalità si insinua», ha ribadito Marianna Caronia riportando le parole della procuratrice Sava. «Bisogna rafforzare la presenza istituzionale partendo dal sociale, dal lavoro, dalla sanità, perché lo Stato non può limitarsi alla repressione. Se lasciamo soli i quartieri più poveri, lasciamo spazio alla mafia».
I dati raccolti durante gli incontri confluiranno nella relazione annuale dell’Antimafia regionale, che fotografa una realtà in continua evoluzione. «Il fenomeno criminale – ha spiegato Cracolici – è alimentato da un mercato illegale che prospera sul traffico di droga e di armi. Cosa nostra resta al vertice di questa rete e gestisce un’economia sommersa che condiziona la vita della città».
La Commissione rivendica i risultati ottenuti negli ultimi anni – dal protocollo “Liberi di scegliere” alle leggi sul crack, sui fondi per le imprese confiscate e la videosorveglianza nei Comuni – ma ammette che la sfida vera si gioca sul terreno sociale. «Serve una nuova alleanza educativa tra istituzioni, scuola e famiglie – ha concluso Cracolici –. Se non ricostruiamo un senso civico condiviso, nessuna legge potrà salvarci dall’indifferenza e dal degrado».