Catania è la provincia che più di ogni altra racconta le contraddizioni della Sicilia contemporanea: vivace, produttiva, ma ancora attraversata da un tessuto criminale diffuso, capace di insinuarsi nella quotidianità e nell’economia.
Secondo i dati pubblicati nella classifica annuale del “Sole 24 Ore” sulla criminalità in Italia, elaborata sulla base delle denunce del Ministero dell’Interno, la città etnea conta 42.339 denunce totali e un tasso di 3.962 reati ogni 100mila abitanti, che la colloca al 23° posto nazionale per incidenza complessiva dei delitti. I furti restano la principale emergenza – oltre 21mila casi in un anno – mentre i furti d’auto, con 5.703 denunce, collocano Catania al 5° posto in Italia. È il segnale di una microcriminalità radicata, che alimenta circuiti economici sommersi e un senso di insicurezza diffuso. Le rapine (428 casi, 26° posto) e le estorsioni (262 denunce, 18° posto) testimoniano la pressione di un sistema criminale ancora presente, nonostante la forte attività di contrasto delle forze dell’ordine.
Catania, insomma, è una città in bilico: tra modernità e resistenza, tra sviluppo economico e illegalità quotidiana. Il suo volto cambia da quartiere a quartiere, la vivacità del centro si affianca alle tensioni delle periferie, ma il filo conduttore resta lo stesso: una criminalità che non è solo organizzata, ma anche sociale, fatta di piccole violazioni ripetute, che logorano la fiducia collettiva. Eppure, nella città del vulcano, la reazione civile è più viva che altrove: comitati, associazioni e una rete di imprese etiche che credono nella legalità come strumento di riscatto. Lì dove la paura diventa abitudine, la vera sfida è culturale: non solo più pattuglie, ma più educazione civica, più lavoro, più fiducia.
Se Catania rappresenta la complessità, Palermo ne incarna l’altra faccia, quella di un capoluogo in trasformazione. Con 47.013 denunce e un tasso di 3.936 reati ogni 100mila abitanti, la città resta ai vertici nazionali per furti d’auto (7.387 casi, 4° posto) e rapine (547 episodi). La capitale siciliana è un laboratorio sociale dove la sicurezza si misura nel rapporto tra centro e periferia, legalità e marginalità. Più a est, Messina mostra un volto diverso: 15.714 denunce, 92° posto nazionale, segno di una provincia più tranquilla ma non immune. Le truffe informatiche (2.516 casi) crescono rapidamente, così come i reati di droga (305 denunce). La costa tirrenica resta, però, una delle aree più stabili della regione in termini di sicurezza.
Siracusa, invece, sorprende: 14.837 denunce, 27° posto in Italia, ma un primato inquietante nelle estorsioni (110 casi, 4° posto) e nei danneggiamenti seguiti da incendio (5° posto). Qui la pressione criminale ha un volto antico, quello del controllo sul territorio e sul commercio. La città aretusea è lo specchio di una Sicilia produttiva ma vulnerabile, dove l’intimidazione ancora pesa come una tassa occulta. Ragusa, con 9.097 denunce e un tasso di 2.834 reati, si conferma una delle province più tranquille, pur con un’anomalia: le rapine in abitazione la portano al 6° posto nazionale. Un segnale che la sicurezza domestica, anche nei contesti più piccoli, non è più scontata.
Agrigento, 97° posto in Italia con 10.064 denunce, mostra un profilo basso ma non privo di ombre. Le estorsioni (74 casi) e i danneggiamenti incendiari (137 episodi) ricordano che l’intimidazione economica continua a segnare il territorio, specie nelle zone rurali. Caltanissetta, 69° posto, si colloca nel cuore dell’isola e delle sue contraddizioni: 7.177 denunce, poche rapine ma molte estorsioni e atti incendiari. Qui la violenza non è spettacolare, ma silenziosa, fatta di segnali e minacce. Ancora più contenuti i dati di Enna: appena 3.520 denunce e 103° posto nazionale, ma con un’insolita presenza di reati di sfruttamento sessuale (5 casi, 17° posto) e estorsioni (34 episodi). Una provincia che sembra pacifica, ma dove la povertà e l’isolamento possono trasformarsi in terreno fertile per piccole illegalità.
Chiude il quadro Trapani, con 12.452 denunce e un tasso di 3.026 reati ogni 100mila abitanti. La provincia resta segnata da estorsioni (103 casi) e danneggiamenti incendiari (115 episodi), ma anche da una microcriminalità costante che si intreccia con fragilità economiche e sociali. Dai dati del Sole 24 Ore emerge una Sicilia dalle nove anime, dove la criminalità non è più solo mafia o grande traffico, ma una costellazione di piccole illegalità che si moltiplicano nel disagio e nell’indifferenza. La sfida per il futuro è ricostruire fiducia e senso civico, partendo dalle scuole, dalle imprese e da chi ogni giorno sceglie di non voltarsi dall’altra parte. Perché la sicurezza non è solo questione di numeri o di forze in campo: è una battaglia culturale, e la Sicilia può vincerla solo se la combatte insieme.
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