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Sede Amazon (Facebook) Cataniaoggi.it

Un nuovo asse nell’universo dell’intelligenza artificiale. OpenAI e Amazon hanno stretto un’intesa dal valore di 38 miliardi di dollari che rafforza il legame tra i colossi della tecnologia americana e consolida la rete di alleanze costruita attorno al business più promettente del decennio: l’IA.

L’accordo garantirà alla startup di Sam Altman parte della potenza di calcolo di Amazon Web Services, alimentata dai chip di Nvidia, oggi cuore pulsante della rivoluzione digitale. Una mossa che ha subito fatto brillare i titoli di Big Tech in Borsa, confermando come il settore sia ormai spaccato in due mondi: chi investe nell’IA e chi rischia di restarne fuori.

Ma dietro l’entusiasmo, crescono i timori di un’euforia fuori controllo. OpenAI, valutata 500 miliardi di dollari ma con perdite per circa 10 miliardi a trimestre, ha già firmato contratti per oltre 1.500 miliardi con i principali operatori del cloud. A questi si aggiungono gli investimenti nel maxi progetto “Stargate”, la costruzione dei nuovi data center e le forniture con produttori di chip come Nvidia, AMD e Samsung.

Secondo molti analisti, il vero successo di Sam Altman – ex mentore di startup e fondatore di OpenAI – è quello di aver intrecciato in un unico destino Silicon Valley, Wall Street e i maggiori fondi di investimento. L’innovazione, insomma, come profezia che si autoavvera. E mentre il suo progetto cresce, Altman ha anche riscritto lo statuto della società, eliminando i limiti no profit e affrancandola dalla lunga ombra di Microsoft. Nelle immagini, in alto Sam Altman, in basso Jeff Bezos, fondatore e presidente di Amazon.

In questo gioco di potere, la sola azienda a monetizzare già concretamente è Nvidia, regina dei chip e prima società della storia a superare i 5.000 miliardi di capitalizzazione. Anche se l’intelligenza artificiale dovesse rallentare, i suoi processori continueranno a macinare profitti.

Intanto, un altro segnale arriva da Microsoft, che ha ottenuto il via libera dal governo USA per esportare 60.000 chip Nvidia, inclusi i nuovi Blackwell, verso gli Emirati Arabi Uniti. Il gruppo di Redmond investirà 15 miliardi in quattro anni per costruire un’infrastruttura nazionale di calcolo, in linea con la “nuova dottrina” americana: non limitare l’export tecnologico, ma usarlo come strumento di influenza globale. La grande incognita resta la Cina: il prossimo banco di prova della strategia di Donald Trump.