Autorità sanitarie confermano: a questa età è PROIBITO guidare | Riflessi 10 volte più lenti di un ventenne

auto passeggero (pexels) - cataniaoggi

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Cresce la pressione per nuove regole sulla guida in età avanzata: il dibattito divide l’Europa.

Le nuove regole sulla sicurezza stradale stanno accendendo il confronto in tutta Europa, e non solo per l’uso dello smartphone o i limiti di velocità. Al centro dell’attenzione, ora, ci sono loro: gli automobilisti più anziani. Un tema delicato, che coinvolge dignità, libertà e sicurezza pubblica.

In Italia, come in molti altri Paesi europei, il tema della guida in età avanzata resta un tabù mai davvero affrontato. Le patenti possono essere rinnovate anche oltre gli 80 anni, purché si superino gli esami medici. Ma nessuna soglia d’età vieta, di per sé, la guida. Eppure i dati parlano chiaro: gli over 74 sono i più fragili in caso di incidente e registrano i tassi più alti di mortalità stradale.

Nel nostro Paese si rinnova la patente ogni due anni a partire dagli 80 anni, ma le visite spesso si limitano a una manciata di controlli generici. Le condizioni cognitive, fondamentali per affrontare situazioni di emergenza alla guida, non sono sempre testate con attenzione. Così, molti automobilisti in là con gli anni continuano a circolare, anche quando non sono più davvero in grado di farlo in sicurezza.

Intanto, mentre in Italia si discute, c’è chi ha già fatto un passo avanti.

Il caso spagnolo: non conta l’età, ma la mente

In Spagna, per esempio, non esiste un limite di età per guidare un’auto. Ciò che conta è la visita medica: solo chi supera i controlli può continuare a mettersi al volante. Nei centri psicotecnici, i medici valutano lo stato fisico e mentale dei conducenti, non in base all’età anagrafica, ma alle reali capacità.

La Fondazione Mapfre, in collaborazione con l’Hospital de la Santa Creu i Sant Pau di Barcellona, ha pubblicato un’indagine dal titolo “Il processo di cessazione della guida negli anziani”. I risultati sono sorprendenti e mostrano come il deterioramento cognitivo – spesso silenzioso – possa rappresentare un pericolo serio sulla strada, più ancora della vista o dell’udito.

auto passeggero (pexels) - cataniaoggi-2
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Il punto debole? Le diagnosi troppo tardive

Lo studio evidenzia come il vero problema sia la difficoltà nel diagnosticare in tempo utile il decadimento cognitivo. I normali esami medici non sono pensati per rilevarlo e spesso il problema emerge solo dopo un incidente. Da qui l’urgenza di introdurre test più sofisticati, simulatori o valutazioni su strada reale.

Secondo i dati raccolti, i conducenti smettono di guidare in media a 75 anni. Ma nella maggior parte dei casi, non è una decisione volontaria: il 45% lo fa perché convinto o costretto da familiari. E il 74% dei parenti dichiara che il ritiro della patente è legato a disturbi cognitivi. Tuttavia, lo stop alla guida porta con sé effetti collaterali: perdita di autonomia, isolamento sociale, calo della qualità della vita.

Guidare a 80 anni: responsabilità o rischio? Serve un equilibrio. Secondo gli esperti, non si può vietare la guida solo per l’età. Ma neanche si può ignorare il pericolo. La soluzione? Esaminare ogni caso singolarmente. Introdurre test psicofisici più rigorosi. Coinvolgere familiari e medici in un dialogo onesto. E raccomandare alcune semplici precauzioni: evitare di guidare di notte, in condizioni meteo avverse o nelle ore di punta, viaggiare accompagnati e prestare massima attenzione a incroci e curve.