ULTIM’ORA – Agenzia delle Entrate: prelievi forzati per tutti i correntisti, vai al bancomat o scattano gli accertamenti | Decisa la soglia minima
Prelievi forzati - (cataniaoggi.it-pexels)
Controlli fiscali sui conti correnti attenzione anche all’assenza di movimenti, se non usi i tuoi soldi attitri l’attenzione degli ispettori
Il Fisco italiano ha pieno accesso ai conti correnti dei contribuenti, e l’attenzione non è riservata soltanto a chi effettua movimenti sospetti o prelievi sostanziosi. Anche chi non effettua mai operazioni può insospettire l’Agenzia delle Entrate, che interpreta la totale assenza di prelievi come un potenziale segnale di redditi non dichiarati. La normativa vigente permette infatti verifiche approfondite anche in questi casi, in nome della trasparenza e del contrasto all’evasione.
In base all’articolo 32 delle disposizioni sull’accertamento delle imposte sui redditi, l’Agenzia delle Entrate può ottenere ogni anno dalle banche e dagli uffici postali tutte le informazioni relative ai conti correnti dei cittadini. Questo accesso non richiede autorizzazioni da parte del giudice ed è possibile grazie al Registro dei Rapporti Finanziari, sezione dell’Anagrafe tributaria, che raccoglie in modo sistematico i dati finanziari comunicati dagli istituti di credito.
Nel caso di dichiarazioni dei redditi presentate in modo regolare, il Fisco può controllare fino a cinque anni di operazioni bancarie. Tuttavia, se il contribuente ha omesso di presentare la dichiarazione, il periodo di accertamento si estende fino a sette anni. I termini decorrono dal primo gennaio dell’anno successivo a quello in cui doveva essere trasmessa la dichiarazione o è stata effettivamente inviata.
L’Agenzia delle Entrate utilizza strumenti di analisi sofisticati, come l’“anonimometro”, un algoritmo che monitora i movimenti dei conti correnti senza violare la privacy del contribuente. Grazie all’intelligenza artificiale, il sistema riesce a individuare automaticamente situazioni a rischio, che saranno poi sottoposte a ulteriori verifiche umane per accertare l’eventuale presenza di evasione.
I comportamenti che attirano l’attenzione del Fisco
I controlli si attivano in presenza di movimenti bancari incoerenti rispetto al reddito dichiarato. Prelievi ricorrenti, versamenti consistenti, bonifici senza causale chiara o risparmi sproporzionati fanno parte delle situazioni che possono generare sospetti. Anche l’assenza di prelievi può indicare che il contribuente si sostenta con redditi non ufficialmente comunicati al Fisco, soprattutto se risulta titolare di uno stipendio regolarmente accreditato.
In caso di anomalie, l’Agenzia delle Entrate può convocare il contribuente, chiedendogli di spiegare l’origine delle risorse utilizzate per sostenere il proprio tenore di vita. Questo passaggio è preliminare all’avvio di un accertamento formale e permette all’interessato di presentare la cosiddetta “prova contraria”, ovvero la dimostrazione che i fondi impiegati non costituiscono reddito imponibile.
Come difendersi: la prova contraria deve essere documentata
Per difendersi, il contribuente può dimostrare che le somme provengono da fonti esenti da tassazione, come donazioni, risarcimenti, vincite o risparmi accumulati negli anni. Tuttavia, la documentazione deve essere analitica e precisa. La Corte di Cassazione ha ribadito che le giustificazioni generiche non sono sufficienti e che ogni movimento sospetto deve essere spiegato con elementi certi, anche attraverso presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.
Se il contribuente non è in grado di fornire prove adeguate, l’Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento. In questo documento vengono indicati i redditi presunti, le imposte dovute e le relative sanzioni. L’importo da versare può risultare significativo, soprattutto in caso di mancata dichiarazione di redditi rilevanti. L’assenza di prelievi o i movimenti bancari anomali non vanno sottovalutati, perché oggi il controllo sui conti è costante e tecnologicamente avanzato.