Chiuse le indagini su Galvagno: corruzione impropria e peculato d’uso al vaglio della Procura di Palermo

La procura del capoluogo siciliano ha compiuto un altro passo nell’inchiesta che da un anno tiene sotto osservazione la presidenza dell’Assemblea regionale: stamattina gli ufficiali di polizia giudiziaria hanno consegnato a Gaetano Galvagno l’avviso di conclusione delle indagini preliminari previsto dall’articolo 415‑bis del codice di procedura penale, atto che di regola precede la richiesta di rinvio a giudizio. A quanto pare, il fascicolo ipotizza a carico del presidente dell’Ars – eletto nel 2022 nelle liste di Fratelli d’Italia – i reati di corruzione per l’esercizio della funzione (la cosiddetta corruzione “impropria”) e di peculato. Con lui risultano indagate altre sei persone fra collaboratori e imprenditori – fra i quali Marcella Cannariato, Nuccio La Ferlita, Alessandro Alessi, Marianna Amato, Sabrina De Capitani e Giuseppe Cinquemani – sospettate di avere costituito la sponda privata di un presunto scambio: finanziamenti regionali per iniziative culturali in cambio di consulenze e incarichi a figure vicine al politico.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, tra la fine del 2023 e il primo semestre 2024 alcune società che organizzano eventi avrebbero ottenuto contributi pubblici mentre ai loro vertici o negli staff comparivano persone legate al presidente. Nel capo di imputazione relativo al peculato, a quanto pare viene contestato anche l’uso dell’auto di servizio dell’Ars per spostamenti privati, l’ipotesi è che il mezzo sia stato adoperato, in più occasioni, al di fuori di esigenze istituzionali. In una nota diffusa poche ore dopo la notifica, Galvagno ha ricordato di aver già reso dichiarazioni spontanee ai magistrati e ha espresso «soddisfazione» perché «sono state escluse tutte le presunte indebite utilità che avrei percepito a titolo personale»; il presidente si è detto fiducioso che la lettura completa degli atti «dissiperà ogni dubbio sulla correttezza istituzionale» del suo operato, riservandosi di chiarire anche la contestazione di peculato.

L’avviso ex 415‑bis non è un provvedimento di colpevolezza: apre una finestra di venti giorni durante la quale l’indagato e il difensore possono prendere visione del fascicolo, depositare memorie, produrre documenti e chiedere un ulteriore interrogatorio. Solo dopo questo contraddittorio il pubblico ministero deciderà se domandare al giudice dell’udienza preliminare il rinvio a giudizio, chiedere l’archiviazione o proporre un proscioglimento. Da un punto di vista politico la vicenda pesa su Palazzo dei Normanni in un momento decisivo per la gestione dei fondi del PNRR. Le opposizioni, che già a gennaio avevano invocato le dimissioni del presidente, tornano a chiedere «un gesto di responsabilità»; la maggioranza, guidata dal governatore Renato Schifani, per ora fa quadrato in attesa degli sviluppi processuali.

Nelle prossime settimane la difesa potrebbe depositare memorie tecniche sull’uso dell’auto blu e sull’iter dei contributi regionali, mentre i magistrati completeranno l’esame dei faldoni raccolti dagli investigatori. Solo alla fine di questa breve ma sostanziale fase di replica, probabilmente a settembre, si saprà se il procedimento sfocerà in un processo o se alcune posizioni potranno essere stralciate od archiviate. Fino ad allora, il presidente dell’Ars continuerà a presiedere l’aula sotto la spada di Damocle di un’inchiesta che, comunque vada, ha già lasciato un solco profondo nella stagione politica isolana.