UFFICIALE LEGGE 104 – “Me ne sto a casa pure domani”, permessi no limits con la nuova legge | Stipendio gratis per 4 anni

Legge 104 -(cataniaoggi.it-pexels)

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Permessi e congedi 104: un sistema in evoluzione per tutelare lavoratori e familiari disabili

La Legge n. 104 del 1992 rappresenta uno dei pilastri normativi più importanti a tutela delle persone con disabilità. Essa garantisce, tra le varie agevolazioni, anche dei permessi lavorativi retribuiti, pensati per assicurare ai lavoratori disabili o ai loro familiari il tempo necessario per l’assistenza. Questa misura, nata per favorire l’inclusione e la partecipazione attiva nella società, si fonda sul principio che l’assistenza ai soggetti fragili non debba mai entrare in conflitto con il diritto al lavoro e alla stabilità economica.

I permessi previsti dalla Legge 104 consistono in giornate o ore di assenza retribuita, utilizzabili per l’assistenza a familiari con disabilità grave. Possono essere tre giorni al mese o riposi giornalieri, in base all’orario di lavoro. L’articolo 33 della legge prevede anche il cumulo dei permessi nel caso in cui un lavoratore debba assistere più familiari, a condizione che non ci siano altri soggetti disponibili all’assistenza e che questa venga garantita in momenti distinti, evitando sovrapposizioni.

Il diritto al cumulo non è incondizionato. Il lavoratore deve essere parente stretto del disabile, come coniuge, genitore, figlio o affine di primo grado. In alcuni casi è ammesso anche per familiari entro il secondo grado, ma solo se i genitori del disabile sono anziani, deceduti o affetti da patologie invalidanti. Inoltre, i permessi devono essere impiegati per assistere ciascun familiare in momenti diversi, a dimostrazione della reale necessità e indispensabilità dell’aiuto fornito.

Un importante chiarimento è giunto dall’INPS, con un messaggio risalente al 30 dicembre 2011. L’Istituto ha stabilito che anche un lavoratore disabile ha diritto ai permessi per assistere un proprio familiare disabile grave, a patto che sia realmente in grado di offrire tale assistenza e che non vi siano altri familiari in grado di farlo. Questo riconoscimento evidenzia la volontà del sistema di protezione sociale di adattarsi alle complesse realtà familiari, anche nei casi in cui lo stesso assistente sia a sua volta portatore di disabilità.

Il congedo straordinario: uno strumento prezioso

Oltre ai permessi giornalieri, esiste anche il congedo straordinario, che permette al lavoratore dipendente di astenersi dal lavoro per un periodo più lungo e continuativo, mantenendo il diritto alla retribuzione. Questo strumento, pur nato all’interno della normativa sulla maternità e paternità, è stato gradualmente esteso anche ad altri legami familiari, tra cui coniugi, figli e fratelli di persone con disabilità grave, riflettendo così l’evoluzione della società e delle sue necessità di cura.

Il legislatore ha fissato un tetto massimo complessivo di due anni per l’intero arco della vita lavorativa, valido per ogni situazione di disabilità, indipendentemente dal numero di familiari assistiti. Ciò significa che, pur avendo più familiari in condizioni gravi, non è possibile superare i due anni complessivi. Questa rigidità normativa ha sollevato dubbi, specialmente nei casi in cui le esigenze di assistenza si susseguono nel tempo e coinvolgono più membri della stessa famiglia.

INPS - (cataniaoggi.it-inps.it)
INPS – (cataniaoggi.it-inps.it)

Una pronuncia che potrebbe cambiare le regole

A gennaio 2024, il Tribunale di Treviso ha emesso un’ordinanza che potrebbe aprire nuove prospettive. Una lavoratrice, che aveva già usufruito del congedo straordinario per assistere la madre disabile, ha ottenuto il diritto di beneficiarne nuovamente per prendersi cura del padre, anch’egli affetto da disabilità grave. Il giudice ha ritenuto che il limite dei due anni, applicato rigidamente, contrasti con i diritti costituzionali di assistenza e con la dignità della persona.

L’ordinanza del Tribunale di Treviso riaccende l’attenzione sulla necessità di una riforma che tenga conto della reale complessità delle situazioni familiari e del principio di equità. Il diritto al lavoro non dovrebbe mai entrare in conflitto con quello all’assistenza, specie in un Paese che si propone di essere inclusivo e solidale. È auspicabile che il legislatore colga questo segnale per rivedere la normativa, introducendo maggior flessibilità e strumenti più aderenti alle esigenze concrete delle famiglie italiane.