UFFICIALE ESTERI – PASSAPORTO: da ora ce ne vogliono 6 diversi o non espatri | Passa la legge

passaporto (pexels) - cataniaoggi

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Sempre più confini, sempre più controlli: viaggiare non è mai stato così complicato.

Fino a qualche anno fa bastava un passaporto. Uno solo, da conservare gelosamente in un cassetto e da rispolverare all’occorrenza prima di un volo intercontinentale. Oggi, quella certezza sembra sgretolarsi davanti a un panorama globale sempre più frammentato, instabile e… burocratico. Il mondo si muove a diverse velocità, e la geopolitica sta ridisegnando anche i confini della mobilità individuale.

Alcuni Paesi hanno già cominciato a richiedere visti elettronici aggiuntivi, documenti di identità supplementari, pass sanitari, prove biometriche e certificati digitali personalizzati. Ma c’è di più. Secondo quanto emerso da una proposta votata in via preliminare in alcune commissioni estere dell’UE e di altri consessi internazionali, potremmo presto assistere all’introduzione di diverse tipologie di passaporti per aree specifiche: uno per l’Europa, uno per l’Asia, uno per i Paesi BRICS, uno per zone a rischio geopolitico e così via.

Un cambiamento che, se approvato, riscriverà completamente il modo in cui intendiamo il diritto alla libera circolazione. Il passaporto unico non basta più: con la crescente frammentazione dei rapporti internazionali, i documenti di viaggio si stanno trasformando in strumenti di profilazione e negoziazione diplomatica.

Viaggiare diventa geopolitica

La crescente tensione internazionale ha un impatto diretto sui cittadini: viaggiare non è più solo una questione di turismo, ma di sicurezza e alleanze. Per esempio, i passaporti di alcuni Stati hanno cominciato a essere considerati “sensibili”, con restrizioni all’ingresso in determinati territori. Alcune nazioni esigono ora l’assenza di timbri di certi paesi “nemici” sul documento.

A peggiorare la situazione contribuiscono le controversie territoriali irrisolte. Zone come il Kashmir, il Nagorno-Karabakh, l’Ucraina orientale o l’isola di Taiwan rendono i confini nazionali sempre meno chiari e la documentazione necessaria più soggetta a mutamenti improvvisi. In alcuni casi, un passaporto che ieri apriva le porte a un continente oggi può diventare motivo di respingimento.

passaporto (pexels) - cataniaoggi-2
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Il passaporto: da documento d’identità a chiave politica

L’introduzione di “passaporti tematici”, come vengono già soprannominati negli ambienti diplomatici, sembra seguire una logica strategica ben precisa: separare i flussi in base alla destinazione, al rischio, alle alleanze e agli interessi economici. Alcuni Paesi del Sud-est asiatico, ad esempio, starebbero valutando un passaporto per i corridoi commerciali marittimi, un altro per le rotte turistiche, uno per i lavoratori migranti.

Tutto questo non è solo teoria. Il motivo reale di questa impennata di rigidità nei documenti potrebbe affondare le radici nel Mar Cinese Meridionale, più precisamente in un arcipelago poco conosciuto ma estremamente conteso: le isole Spratly. Le Spratly sono più di cento tra isole, banchi sabbiosi e barriere coralline, strategicamente collocate lungo una delle rotte commerciali più trafficate al mondo. Attraverso quelle acque passa circa un terzo del commercio globale, inclusi petrolio, gas e beni di consumo. Il controllo di quell’area significa potere economico, influenza politica e presenza militare.