Convegno a Torino: Il radicamento delle Mafie al nord e il ruolo delle tecnologie nel contrasto alla Criminalità Organizzata
A Torino, durante un convegno organizzato dal Comitato Anti Mafie del distretto piemontese, è stato affrontato il fenomeno della criminalità organizzata nel Nord Italia e il crescente radicamento delle mafie in queste regioni. Il professor Rocco Sciarrone, docente presso l’Università di Torino, ha voluto sfatare il mito secondo cui i modelli mafiosi non sarebbero esportabili al di fuori delle loro zone d’origine. Parlando del radicamento della ‘ndrangheta in Piemonte, Sciarrone ha spiegato che non è stato solo il “soggiorno obbligato” inflitto a certi mafiosi a favorirne la diffusione. Allo stesso modo, la teoria del “contagio” causato dall’immigrazione calabrese è una spiegazione superficiale che offre un facile alibi.
Sciarrone ha chiarito che le dinamiche sono molto più complesse, al punto che oggi si può parlare di “mafie del Nord”, organizzazioni che hanno trovato terreno fertile in una società disposta ad accoglierle. Ha sottolineato che il vero problema risiede nella “contiguità e collusione” tra i mondi politico ed economico, con una pericolosa mescolanza tra legalità e illegalità, che Sciarrone definisce “confusione”. Questa commistione rappresenta una sfida cruciale nella lotta contro la mafia in territori dove una volta era considerata lontana.
Uno dei temi centrali del convegno è stato l’utilizzo delle tecnologie avanzate nel contrasto alla criminalità organizzata. Il presidente del comitato, Luigi Romano, ha sottolineato l’importanza di strumenti come dei software, che tracciano i flussi di denaro, e l’analisi delle scie informatiche per rintracciare i latitanti. Romano ha avvertito: “Se non continuiamo su questa strada, le mafie saranno sempre un passo avanti.”
Tra gli ospiti c’era Marzia Giustolisi, capo della Squadra Mobile di Torino, che ha alle spalle una lunga carriera antimafia. Durante il suo intervento, ha ricordato un celebre pizzino del 2004, scritto da Matteo Messina Denaro a Bernardo Provenzano, in cui il boss si lamentava delle continue arresti e della pressione investigativa: “Alla fine arresteranno pure le sedie.” Questo pizzino rifletteva la crescente pressione delle forze dell’ordine su Cosa Nostra.
Il convegno ha visto anche gli interventi di esponenti delle forze dell’ordine, tra cui il comandante del nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino, Alessandro Langella, e l’ex comandante dei Ros, Generale Angelosanto. Hanno condiviso le strategie che stanno adottando per combattere le mafie, evidenziando come l’integrazione delle tecnologie digitali sia essenziale per continuare a ottenere risultati concreti nella lotta alla criminalità organizzata.
L’evento ha sottolineato come le mafie abbiano evoluto le loro modalità operative anche nel Nord Italia, ma ha anche dimostrato che il ricorso alle tecnologie e la collaborazione tra le istituzioni siano strumenti efficaci per continuare a mettere sotto pressione le organizzazioni criminali.
Negli ultimi anni, la figura di Matteo Messina Denaro, uno dei boss più noti e pericolosi di Cosa Nostra, ha continuato a dominare l’attenzione pubblica e investigativa, persino dopo la sua morte. Denaro, soprannominato “Diabolik”, è stato l’ultimo grande latitante della mafia siciliana, responsabile di crimini gravissimi, tra cui attentati dinamitardi e omicidi, nonché un attore chiave nel traffico internazionale di droga.
Messina Denaro è rimasto latitante per quasi 30 anni, protetto da una fitta rete di complici e contatti in Italia e all’estero. Tuttavia, l’impegno costante delle forze dell’ordine ha portato a una svolta decisiva nel gennaio 2023, quando il boss è stato finalmente arrestato. La sua cattura ha rappresentato un colpo durissimo per Cosa Nostra, simile a quello inflitto con l’arresto di Totò Riina e Bernardo Provenzano.
La cattura di Messina Denaro ha anche riaperto il dibattito su come la mafia, pur essendo diventata più nascosta e meno violenta, si sia infiltrata nelle istituzioni e nell’economia. Dopo l’arresto di Messina Denaro, le forze dell’ordine continuano a smantellare le reti di protezione che avevano sostenuto la sua latitanza, segnando un altro passo importante nella lotta contro la mafia.