Azzardomafie, 147 clan in 16 regioni: il dossier di Libera sul legame tra gioco e mafie in Italia
Nel dossier “Azzardomafie” di Libera emergono dati allarmanti: 147 clan attivi nel business dell’azzardo, 16 regioni coinvolte e quasi 3 milioni di giocatori patologici. Don Luigi Ciotti: «Un Paese in bilico tra profitto e dignità».
Secondo il dossier “Azzardomafie”, curato da Libera e redatto da Toni Mira, Maria Josè Fava, Gianpiero Cioffredi e Peppe Ruggiero, il gioco d’azzardo in Italia rappresenta un gigantesco giro d’affari dove il confine tra legale e illegale è sempre più sottile. Nel solo 2024 gli italiani hanno speso oltre 157 miliardi di euro, con 18 milioni di persone che hanno “tentato la fortuna”. I giocatori patologici sono stimati in 1,5 milioni, mentre altri 1,4 milioni sono a rischio: in totale 2,9 milioni di cittadini colpiti direttamente dalla dipendenza da gioco.
Analizzando le relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia tra il 2010 e il 2024, sono 147 i clan censiti che hanno operato nel settore del gioco legale e illegale, con il coinvolgimento di 25 Procure Antimafia. Le inchieste hanno interessato 16 regioni: al primo posto la Campania con 40 clan, seguita da Calabria (39), Sicilia (38), Lazio (24) e Puglia (22). Tra i gruppi criminali spiccano i Casalesi, i Santapaola, i Lo Piccolo e i Mancuso. L’interesse delle mafie riguarda ogni forma di gioco, dalle slot-machine alle scommesse clandestine, fino alle piattaforme online.
«Il dossier ci restituisce l’immagine di un Paese in bilico – ha affermato don Luigi Ciotti – dove la politica parla di regolamentazione ma troppo spesso resta prigioniera della logica del profitto. Dietro ogni slot e ogni gratta e vinci ci sono esseri umani in difficoltà: adolescenti che scommettono, anziani che si giocano la pensione, famiglie che si sfaldano nel silenzio».
Il generale Nicola Altiero, vicedirettore operativo della Dia, ha evidenziato la redditività dell’azzardo criminale: «Un euro investito nel narcotraffico produce profitti per 6-7 euro, uno investito nel gioco d’azzardo 8-9, con molti meno rischi». Nel settore “attività artistiche, sportive e di intrattenimento” risultano confiscate alle mafie 125 aziende, di cui 70 sale giochi e scommesse, soprattutto in Campania, Lazio e Sicilia.
Nel 2025 l’Uif della Banca d’Italia ha registrato 6.433 segnalazioni di operazioni finanziarie sospette nel comparto del gioco, per un importo complessivo di 728 milioni di euro, con un incremento del 37% rispetto all’anno precedente. Tra il 2023 e il 2025 si contano 21 episodi di attentati e incendi contro sale gioco, segnale della forte competizione criminale nel settore.
Il dossier mette in luce anche il ruolo dei concessionari, circa 300 società autorizzate dallo Stato, affiancate da oltre 3.200 imprese di gestione territoriale. Secondo Libera, dietro la complessità societaria del settore si nascondono partecipazioni di banche, fondi d’investimento e società con sede in paradisi fiscali, generando rischi economici e opacità finanziaria. «Il sistema dell’azzardo – si legge nel documento – è una fragilità strutturale che può minare la stabilità economica e istituzionale del Paese».
Libera propone una serie di misure: stop alla pubblicità del gioco, più autonomia ai Comuni per regolamentare l’offerta, rafforzamento dei controlli e ripristino dell’Osservatorio nazionale per il contrasto alla dipendenza. Don Ciotti conclude con un monito: «Chi trae profitto dall’azzardo, pubblico o privato, ha una responsabilità morale. Lo Stato non può guardare solo ai guadagni fiscali, ma deve investire in prevenzione, educazione e sostegno alle vittime».
