All’Assemblea regionale siciliana la tensione era nell’aria da giorni, ma pochi immaginavano che un semplice emendamento potesse far saltare l’esecutivo al primo vero banco di prova. Alle 16.53 di ieri, invece, il voto segreto sull’articolo 3 del disegno di legge che avrebbe dovuto liquidare i 13 Consorzi di bonifica e sostituirli con quattro nuove strutture ha mandato in frantumi il progetto e aperto una crepa profonda nella maggioranza di centrodestra guidata da Renato Schifani. I numeri sono impietosi: su 61 deputati presenti, 31 hanno votato per la soppressione, uno si è astenuto e 26 si sono opposti. Perché l’articolo cadesse serviva un tradimento interno e così è stato: almeno dieci franchi tiratori si sono mimetizzati tra i banchi della coalizione. L’opposizione — compatta intorno a M5S e Pd — non avrebbe potuto farcela da sola. La richiesta di voto segreto, avanzata dal capogruppo pentastellato Antonio De Luca, ha trasformato le divisioni sotterranee in un vero e proprio boomerang per Palazzo d’Orléans.
Il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, già scosso da un’inchiesta per corruzione, ha sospeso i lavori e convocato la conferenza dei capigruppo. Un vertice chiarificatore è fissato per oggi alle 15, ma la ferita è profonda: non è caduto solo un disegno di legge atteso da due anni, è venuta giù l’immagine di compattezza su cui Schifani aveva costruito la sua agenda riformista. Tecnicamente lo stop all’articolo 3 affossa l’intera riforma. Restano in vita i vecchi enti; i 1.200 dipendenti di ruolo e i 600 precari perdono sia le garanzie di stabilizzazione sia l’aumento delle giornate lavorative; la rete di distribuzione idrica alle campagne continua a perdere acqua e risorse. Coldiretti parla di «responsabilità enorme» di fronte a incendi e siccità, mentre Cgil denuncia un Parlamento «unitario solo quando c’è da distribuire prebende».
La Lega, titolare dell’assessorato all’Agricoltura, minaccia conseguenze. «Se qualcuno vuole cambiare campo lo dica subito», avverte il deputato Vincenzo Figuccia. Nel mirino c’è soprattutto il blocco che fa capo a Raffaele Lombardo: per gli autonomisti la riforma, scritta dal leghista Luca Sammartino, avrebbe sottratto competenze all’assessorato Acqua e Rifiuti. Non aiuta la ritrovata sintonia fra Sammartino e Totò Cuffaro, guardata con sospetto da Fratelli d’Italia e parte di Forza Italia. Il malessere, in realtà, cova da tempo. Schifani ha imposto una manovra‑ter da 345 milioni priva delle consuete “mance” ai collegi e molti deputati si sono sentiti scavalcati. Il malumore è esploso nelle commissioni e ieri è deflagrato in aula. Emblematiche le assenze in fase di voto: tra chi non ha espresso preferenza figurano Margherita La Rocca Ruvolo, Riccardo Gennuso e Bernadette Grasso, tutti di area forzista, oltre all’ex azzurro Gianfranco Micciché. Altri sei deputati del centrodestra risultavano presenti ma non pervenuti al momento della chiamata elettronica.
Intanto Confagricoltura ricorda che le perdite idriche superano il 40 % e che «ogni rinvio è una tassa occulta sugli agricoltori». Se il vertice odierno non ricucirà, avverte più d’un osservatore, l’esecutivo rischia di arrivare senza numeri alla prossima legge di stabilità. Adesso la riforma dei Consorzi tornerà in commissione, con percorsi e tempi incerti. «Il traditore nascosto dietro l’urna può ripresentarsi» confida un deputato. L’estate siciliana, già rovente per incendi e siccità, promette di esserlo altrettanto per la politica isolana, che ha scoperto di non potersi più permettere né schede segrete né divisioni sottotraccia. Perché, come scriveva Leonardo Sciascia, «in Sicilia è tutto appena improbabile», soprattutto in politica.