Intervista Schifani a Mario Barresi su La Sicilia: “Atto dovuto e irrinunciabile per la trasparenza del governo regionale”
Renato Schifani
«Ho rimosso un sistema-partito». Così il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, spiega nell’intervista pubblicata questa mattina su La Sicilia, a firma del vicedirettore Mario Barresi, le ragioni della sua scelta di estromettere la Democrazia Cristiana dal governo regionale. «È stato un atto dovuto, irrinunciabile e inevitabile», afferma il governatore, in uno dei passaggi più significativi di una delle giornate più complesse del suo mandato.
Schifani non usa giri di parole e rivendica una decisione che definisce «di carattere esclusivamente politico». La revoca degli assessori Nuccia Albano e Andrea Messina, «entrambi non coinvolti nell’inchiesta», segna la fine della presenza della Dc di Totò Cuffaro nell’esecutivo. «Si tratta di una scelta fondata sull’incompatibilità della presenza di un partito che ha il fondatore e il capogruppo indagati per fatti che, al di là degli sviluppi processuali, hanno già oggi una loro pregnanza», spiega il presidente. «La presenza della Dc in giunta confligge con i principi di trasparenza che il mio governo si è sempre imposto».
Una decisione arrivata dopo giorni di riflessione, che Schifani definisce «dolorosa ma necessaria». «Ho atteso qualche giorno prima di arrivare a questa conclusione – racconta – ma ritengo che sia un imperativo categorico, non derogabile per me, imporre questa linea a tutela non solo dei quasi 900mila siciliani che mi hanno voluto presidente della Regione, ma di tutti».
Il governatore ammette la difficoltà e la fatica personale di questi giorni: «Devo confessare che non ho dormito molto. È stato uno dei momenti più complicati della mia vita politica, ma nei momenti di difficoltà riesco a dare il meglio di me stesso». E aggiunge, con tono fermo: «Non ho mai preso in considerazione l’idea di abbandonare. Sono una persona che, quando assume un impegno, lo porta fino in fondo». Nel colloquio con Mario Barresi, Schifani respinge con decisione ogni ipotesi di “modello Occhiuto”, ovvero di dimissioni-lampo seguite a nuove elezioni: «Lo escludo. Non vedo i motivi per cui dovrei portare i siciliani al voto, causando un’incomprensibile assenza di guida della Regione per un fatto personale. Finché avrò una maggioranza, andrò avanti».
Il presidente chiarisce anche la sua posizione sulla cosiddetta “questione morale”: «Alla Dc vengono contestati reati di un sistema-partito, nei confronti dei cui vertici è stato richiesto l’arresto. Gli altri casi sono comportamenti individuali, che fanno riferimento ai singoli assessori. Si tratta, quindi, di due livelli completamente distinti». Schifani, che manterrà per sé l’interim degli assessorati alla Famiglia e alla Funzione pubblica «almeno fino alla manovra di fine anno», assicura che la macchina del governo non si fermerà: «Dobbiamo restare concentrati sulla finanziaria. Le risorse saranno utilizzate in modo virtuoso: è una manovra che piace alle imprese e piacerà anche alle famiglie e ai giovani».
Infine, un passaggio politico diretto: «È per questo che sarebbe un sacrilegio, una pazzia, staccare la spina a questo governo. Significherebbe pregiudicare un momento magico che sta vivendo la Sicilia. Perciò vado avanti: rispetto il mio impegno con i siciliani».
“Ho rimosso un sistema-partito” non è solo una dichiarazione, ma il manifesto politico di una giornata che segna un cambio di passo nella storia del governo regionale. Una svolta che Schifani definisce «un atto politico e morale», ma che nei fatti diventa un messaggio forte alla Sicilia: la credibilità delle istituzioni, prima di tutto.
Le persone coinvolte sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva di condanna, nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza. Chiunque voglia esercitare il diritto di replica può farlo nei modi e nei termini previsti dalla legge.
