ULTIM’ORA Belle arti, arriva la ‘scultura invisibile’: 16.000€ per comprare un po’ d’aria | Questo artista italiano ha fregato tutti così

sculture (pexels) - cataniaoggi

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Dove finisce l’arte e dove inizia il marketing? Una performance invisibile riporta alla luce il dibattito più eterno di sempre.

Una scultura che non si vede ma si paga, e anche cara: è arte o solo un’idea ben venduta?

Nel vasto universo dell’arte contemporanea, dove ogni gesto può trasformarsi in opera e ogni oggetto può essere elevato a capolavoro, capita talvolta che sia il nulla stesso a diventare protagonista. Eppure, anche in un panorama ormai abituato all’eccentrico, ciò che è tornato virale in questi giorni ha lasciato molti senza parole — e non perché non ci sia nulla da dire, ma proprio perché, tecnicamente, non c’è nulla da vedere.

A riportare l’attenzione sul caso è stata Pubity, una delle piattaforme social più seguite al mondo, che con un singolo post ha scatenato un’ondata di commenti, polemiche e riflessioni su ciò che consideriamo arte oggi. Al centro della scena, una scultura immateriale dell’artista sardo Salvatore Garau, venduta all’asta nel 2021 per la cifra di 15.000 euro. Il titolo dell’opera è “Io Sono”, e già questo lascia intuire qualcosa. Ma in concreto, di concreto non c’è nulla: solo aria. E spirito, dice l’autore.

Quella che a molti è sembrata una provocazione ha in realtà solide radici storiche. Garau non ha improvvisato: l’arte immateriale è una corrente ben definita, che affonda le sue origini nella concept art degli anni Sessanta. Ma la differenza, oggi, è che tutto accade sotto gli occhi di milioni di persone, e ogni atto creativo è destinato a passare al vaglio di commenti, meme e indignazione collettiva. Il certificato di autenticità della scultura è l’unica cosa che l’acquirente ha ricevuto in mano: un foglio che descrive un’opera dalle “dimensioni variabili” da collocare in uno “spazio libero da ostacoli”. Eppure, per chi ha comprato, valeva tutto il prezzo.

Una lunga storia di provocazioni artistiche

L’arte immateriale ha alle spalle maestri come Yves Klein, che nel 1958 espose una stanza completamente vuota come simbolo di purezza creativa. O come Sol LeWitt, che dichiarava: “l’idea diventa la macchina che crea l’arte”. Queste visioni hanno costruito una nuova grammatica visiva, dove la riflessione prende il posto dell’oggetto, e dove il concetto vale più del materiale.

Il caso di Garau si inserisce perfettamente in questo filone. Ma non è il solo. Qualche anno fa, l’artista danese Jens Haaning vendette a un museo due tele bianche intitolate “Prendi i soldi e scappa”, in risposta a una commissione mal retribuita. La provocazione? Parte dell’opera era proprio il gesto stesso di trattenere i fondi. Un’azione che, come ogni manifesto artistico, suscitò indignazione e ammirazione in egual misura.

sculture (pexels) - cataniaoggi
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Dalla banana al WC: quando l’arte diventa gesto

Chi ha stabilito che una banana attaccata a un muro con il nastro adesivo non possa valere 6,2 milioni di dollari? O che un orinatoio capovolto, come quello di Duchamp — il celebre “Fontana” — non abbia rivoluzionato per sempre il concetto di arte nel Novecento? In fondo, l’arte non è mai stata solo estetica, ma anche gesto, intenzione, sfida.

E se ogni epoca ha avuto i suoi scandalosi protagonisti, il nostro presente non fa eccezione. In un’epoca in cui anche l’intelligenza artificiale può generare immagini e suoni, il ruolo dell’artista umano — e il valore dell’atto creativo — diventano sempre più indefiniti. Ed è forse proprio in questo scenario che una scultura fatta di “niente” può dirci qualcosa. Nel caso di Salvatore Garau, il nulla ha preso forma nell’immaginazione degli spettatori, ponendo l’accento su uno degli interrogativi più antichi e ancora senza risposta: cosa è arte? Basta l’intenzione dell’artista? Serve un pubblico che la riconosca? Oppure è sufficiente che qualcuno sia disposto a pagarla?

La scultura “Io Sono” non è solo un oggetto (in questo caso assente), ma una scintilla che riaccende la discussione. Per alcuni, è una truffa ben orchestrata; per altri, è una riflessione sul valore immateriale delle idee, sull’invisibile che ci circonda, sulla potenza della mente rispetto alla materia. La verità, come sempre, sta forse nel mezzo.