Dalle parole di Musumeci alla replica dell’Anm: il fragile equilibrio tra toghe, politica e informazione
Nello Musumeci
Il ministro delle Politiche del Mare, Nello Musumeci, ha scelto l’ultima giornata dell’“EtnaForum” di Ragalna per lanciare un attacco che ha subito infiammato il dibattito nazionale. Dal palco, l’ex presidente della Regione Siciliana ed ex giornalista non ha usato mezzi termini: «La magistratura è politicizzata, è sotto gli occhi di tutti. Gran parte dei magistrati che hanno fatto carriera provengono dalle file della sinistra, alcuni erano dirigenti delle organizzazioni giovanili. Il magistrato fa il killer e la stampa ne dà notizia». Un’accusa durissima, che Musumeci ha rafforzato citando casi di carriere politiche spezzate: «Ci sono decine di casi di uomini e donne della politica, incriminati e sbattuti in prima pagina come mostri, accusati di chissà quante infamie, e dopo anni prosciolti in istruttoria o assolti perché il fatto non sussiste, ma intanto la carriera politica è stata distrutta per sempre».
Le critiche hanno investito anche il mondo dell’informazione: «Non c’è dubbio – sostiene – che in questa filiera, una componente essenziale sia stata, nel passato, una certa stampa, non tutta. E ancora oggi, quando si pubblicano atti riservati da parte della magistratura, mi chiedo chi trasmette dal palazzo di giustizia alla redazione del giornale quel documento privato? E poi l’uso spregiudicato che ne fa la stampa non ha bisogno di commenti». Parole che non sono rimaste senza risposta. L’Associazione Nazionale Magistrati ha replicato duramente parlando di «parole offensive e delegittimanti». «I killer – spiega l’Anm – sono quelli che la magistratura italiana, in collaborazione con le forze dell’ordine, assicura alla giustizia rendendo l’Italia il Paese con il tasso di omicidi più basso dell’Unione europea. La magistratura non è né braccio armato né strumento politico: chi la descrive così dimostra di non avere rispetto né per le istituzioni né per la verità».
La polemica rilancia un tema antico e mai risolto: il rapporto tra politica, giustizia e informazione. Tre mondi destinati a convivere, spesso in tensione, e che trovano nei casi di cronaca giudiziaria la scintilla più esplosiva. Musumeci conosce bene entrambe le sponde: da un lato il giornalismo, dove la libertà di critica è fondamentale; dall’altro la politica, che sa quanto il peso delle parole possa incidere sulla credibilità delle istituzioni. Il rischio, però, è che affermazioni così drastiche vengano percepite come un attacco indiscriminato. «Di tutta l’erba non si fa un fascio», direbbe la saggezza popolare: ed è un monito che vale tanto per i magistrati, la cui grande maggioranza lavora con impegno e riservatezza, quanto per i giornalisti, che hanno il dovere di distinguere i fatti dalle opinioni e raccontare senza deformare.
La scintilla accesa all’“EtnaForum” difficilmente si spegnerà presto. Anzi, conferma quanto sia fragile l’equilibrio tra poteri che dovrebbero sorreggersi a vicenda. Ed è proprio in questi momenti che il giornalismo, se vuole essere fedele al suo compito, deve andare oltre le polemiche: registrare, analizzare, separare il grano dal loglio. Perché la vera posta in gioco non è una schermaglia tra toghe e politica, ma la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.