Saverio Romano avrebbe ciesto il via libera all’acquisizione forense delle sue chat, mentre prosegue l’inchiesta che coinvolge politici e professionisti su presunte irregolarità nella sanità.

Saverio Romano, coordinatore politico di Noi Moderati e tra i diciotto indagati nell’indagine su corruzione, turbativa d’asta e associazione per delinquere, avrebbe inviato una richiesta formale al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, per autorizzare l’estrazione di una copia forense dei messaggi WhatsApp scambiati con Totò Cuffaro, Ferdinando Aiello, Sergio Mazzola e Alessandro Caltagirone. Secondo Romano, tale autorizzazione «consentirebbe agli inquirenti di averne piena disponibilità». L’ex ministro, già sentito dai magistrati lo scorso giovedì, ha negato ogni addebito.

Nel frattempo si è concluso l’ultimo degli interrogatori davanti al Gip Carmen Salustro. A presentarsi è stato Vito Raso, ex autista e factotum di Cuffaro, ritenuto dagli investigatori una figura chiave nel presunto sistema di favori capace di orientare concorsi, appalti e nomine in ambito sanitario. Uscendo dal tribunale, Raso ha definito l’impianto accusatorio «solo una montagna di carte che non c’entrano niente», parlando di «accuse infondate che non stanno né in cielo né in terra».

Affiancato dal legale Marco Traina, l’indagato ha risposto a tutte le domande, offrendo – come lui stesso ha dichiarato – «una versione alternativa dei fatti». Ora il giudice valuterà la richiesta della Procura di applicare i domiciliari a tutti gli indagati, incluso l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro che, nei giorni scorsi, si è avvalso della facoltà di non rispondere, depositando però dichiarazioni spontanee.

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Le persone coinvolte sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva di condanna, nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza. Chiunque voglia esercitare il diritto di replica può farlo nei modi e nei termini previsti dalla legge.