Da Reggio Calabria a Catania: il modello “Liberi di Scegliere” di Di Bella e Asp Catania
È un filo che parte dalle aule del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria, approda a Catania, si allunga sull’intera Sicilia e tende già verso Napoli: il progetto “Liberi di scegliere”, immaginato dal Presidente Tribunale per i Minorenni di Catania Roberto Di Bella per sottrarre i figli dei clan alla forza d’attrazione mafiosa, oggi si traduce in sistema anche grazie all’ ASP di Catania e alle Equipe multidisciplinari integrate (EMI).
Il disegno prende forma nel 2012, quando Di Bella, (allora presidente del Tribunale reggino) osa allontanare ragazzi destinati alla ‘ndrangheta e offrir loro una vita diversa. Nel 2017 quell’intuizione diventa protocollo nazionale sottoscritto con Ministeri, DNA, Libera e CEI; ma mancava un motore sul territorio capace di trasformare l’atto giudiziario in presa in carico clinica, sociale, educativa. Cioè le ASP, con l’avvio delle EMI, composte da neuropsichiatri infantili, psicologi e assistenti sociali dedicate solo ai mandati dell’Autorità giudiziaria. Ognuna diventa l’“ufficio operativo” di Di Bella: valuta la fragilità dei minori, sceglie l’affido o la comunità, segue la scuola, progetta l’inserimento lavorativo dei giovani adulti e accompagna i genitori che vogliono recidere i legami con il crimine.
I numeri presentati il 10 gennaio al Museo Diocesano di Catania, durante il convegno promosso dall’ASP di Catania e dal Tribunale per i Minorenni, “Le EMI: stato dell’arte e prospettive”, parlano da soli: in nove mesi di rilevazione (aprile–dicembre 2024) sono stati effettuati 433 colloqui psicologico-clinici, 382 colloqui sociali, 260 visite di neuropsichiatria infantile, redatte 185 relazioni, somministrati 714 test psicodiagnostici, realizzate 151 osservazioni genitore-figlio, attivate 336 procedure di lavoro di rete e costituite 207 équipe con servizi interni ed esterni all’ASP. Tutto su mandato dei tribunali che, grazie a questo braccio operativo, hanno ridotto del 40 % i tempi di intervento e, soprattutto, evitato che alcun minore tornasse nel clan di provenienza.
Nella sala, gremita di magistrati, prefettura, forze dell’ordine, ordini professionali e terzo settore, Di Bella parla di «risultati straordinari» e ricorda che il modello è già confluito nel disegno di legge regionale approvato dalla VI Commissione Salute dell’Ars: «Se il 2025 sarà l’anno della sua approvazione, daremo copertura normativa permanente a una pratica che finora esiste grazie alla capacità dell’ASP di investire su risorse e personale dedicato». Il direttore Generale dell’ASP di Catania Giuseppe Laganga Senzio sottolinea la trasformazione culturale: «Abbiamo rivisto l’assetto dei nostri servizi, assunto psicologi e assistenti sociali, creato database condivisi con il tribunale. L’EMI non è un esperimento, ma parte integrante dell’organizzazione aziendale».
Oggi, la legge, forte di 915.330 euro sul bilancio 2025 e di un milione di fondi FSE+ per borse lavoro e abitazioni protette, prevede che ogni ASP siciliana istituisca la propria EMI, replicando l’alleanza giustizia-sanità che a Catania funziona. Così la traiettoria Calabria-Etna si completerà in tutto il territorio regionale, offrendo una risposta al divario educativo che le mafie utilizzano per reclutare. Ma l’orizzonte va oltre lo Stretto: al convegno catanese ha preso parola il procuratore minorile di Napoli Patrizia Imperato, segnale che il distretto partenopeo potrebbe essere la prossima tappa. Lì, dove camorra e baby-gang contendono ai tribunali il destino dei ragazzi, la sinergia tra magistratura e sanità pubblica, sperimentata in Sicilia da Di Bella e l’ASP di Catania, potrà fornire un modello esportabile.
In attesa del sigillo legislativo, le EMI continuano a lavorare. E’ giusto ricordare, che la sfida non è solo sanitaria o giudiziaria, ma eminentemente culturale: dare a ogni bambino nato in un contesto mafioso la libertà di scegliere. Dal primo allontanamento disposto a Reggio Calabria, alla formalizzazione di sei EMI a Catania, fino al disegno di legge che le renderà struttura di sistema in Sicilia, il progetto “Liberi di scegliere” ha dimostrato che la salvezza dei minori può diventare politica pubblica. La direzione è tracciata: sanità territoriale e giustizia minorile, insieme, come presidio di legalità e sviluppo. integrante dell’organizzazione aziendale». Oggi, la legge, forte di 915.330 euro sul bilancio 2025 e di un milione di fondi FSE+ per borse lavoro e abitazioni protette, prevede che ogni ASP siciliana istituisca la propria EMI, replicando l’alleanza giustizia-sanità che a Catania funziona. Così la traiettoria Calabria-Etna si completerà in tutto il territorio regionale, offrendo una risposta al divario educativo che le mafie utilizzano per reclutare.
Ma l’orizzonte va oltre lo Stretto: al convegno catanese ha preso parola il procuratore minorile di Napoli Patrizia Imperato, segnale che il distretto partenopeo potrebbe essere la prossima tappa. Lì, dove camorra e baby-gang contendono ai tribunali il destino dei ragazzi, la sinergia tra magistratura e sanità pubblica, sperimentata in Sicilia da Di Bella e l’ASP di Catania, potrà fornire un modello esportabile. In attesa del sigillo legislativo, le EMI continuano a lavorare. E’ giusto ricordare, che la sfida non è solo sanitaria o giudiziaria, ma eminentemente culturale: dare a ogni bambino nato in un contesto mafioso la libertà di scegliere. Dal primo allontanamento disposto a Reggio Calabria, alla formalizzazione di sei EMI a Catania, fino al disegno di legge che le renderà struttura di sistema in Sicilia, il progetto “Liberi di scegliere” ha dimostrato che la salvezza dei minori può diventare politica pubblica. La direzione è tracciata: sanità territoriale e giustizia minorile, insieme, come presidio di legalità e sviluppo.