matrimonio (pexels) - cataniaoggi

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Il matrimonio continua a essere un rito sociale importante, ma per molti italiani si trasforma sempre più spesso in una scommessa dall’esito incerto. Nel 2023, secondo i dati Istat, sono stati registrati 79.875 divorzi, pari a 1,4 ogni mille abitanti: un valore stabile rispetto agli anni precedenti, che però rivela profonde differenze territoriali.

Per analizzare meglio il fenomeno, il portale Casinos.com ha creato l’Indice di Fragilità Coniugale (IFC), un parametro che combina statistiche ufficiali e comportamento online: 70% basato sui dati Istat, 15% sulle ricerche Google della parola “avvocato divorzista” e 15% su quelle relative a “divorzio”. Il risultato è una sorta di classifica nazionale, tradotta in quote da bookmaker, che misura non solo i divorzi concreti, ma anche quanto gli italiani pensino all’eventualità di separarsi.

Il Nord guida le ricerche online
Sul web primeggiano Veneto e Lombardia, dove la curiosità digitale raggiunge i valori più alti del Paese: punteggio 100 per il Veneto e 90 per la Lombardia nelle ricerche di “avvocato divorzista”, 100 e 91 rispettivamente per “divorzio”. La loro posizione in classifica si traduce in quote da 1.50 e 1.57, le più basse e quindi le più “probabili” secondo l’IFC.

Il Sud detiene il primato reale
Nei numeri ufficiali, invece, la palma dei divorzi spetta al Mezzogiorno e alle Isole. La Sicilia ha registrato 7.538 divorzi nel 2023 (quasi il 10% del totale nazionale), seguita da Sardegna con 2.481 e Liguria con 2.344. Tutte raggiungono un tasso dell’1,6%, superiore alla media italiana, ma il minor interesse online le colloca dietro il Nord digitale, con quote comprese tra 1.64 e 1.73.

Due Italie a confronto
L’Indice mette in luce una netta frattura: da una parte l’Italia che divorzia davvero (Sicilia, Sardegna, Liguria e Lazio), dall’altra quella che sembra prepararsi più su internet che in tribunale (Veneto e Lombardia). Nel mezzo si colloca una fascia di regioni “equilibrate” come Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana, con valori tra 1.88 e 2.04.

I territori più “resistenti”
Sul fondo della graduatoria si trovano Umbria, Trentino-Alto Adige, Molise, Valle d’Aosta e Basilicata: qui i divorzi restano contenuti (1,1-1,2%) e anche le ricerche online sono limitate, con quote tra 2.65 e 2.97. Le province autonome chiudono la classifica: Trento a 3.74 e Bolzano addirittura a 6.01, con il tasso più basso d’Italia, appena lo 0,9%.

Il quadro finale evidenzia così un’Italia divisa: dove il matrimonio si dissolve più facilmente, spesso la rete tace; e dove invece i numeri restano bassi, cresce la curiosità digitale. Una fotografia che racconta non solo i cambiamenti sociali, ma anche il diverso rapporto tra cultura, tradizione e nuovi strumenti di informazione.