Ricercato da oltre 18 mesi per tentato omicidio e associazione mafiosa, è stato catturato a Comiso. Secondo l’accusa, voleva ricostituire una nuova cellula della Stidda e colpire ex collaboratori di giustizia.
RAGUSA – Dopo diciotto mesi di latitanza, si è conclusa la fuga di Gianfranco Stracquadaini, 50 anni, considerato dagli inquirenti un esponente di spicco della criminalità organizzata del Ragusano. L’uomo, inserito dal ministero dell’Interno nella lista dei latitanti più pericolosi d’Italia, è stato arrestato a Comiso dalla Polizia di Stato, in un’operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania.
La cattura è avvenuta all’alba, quando gli agenti della squadra mobile di Ragusa, con il supporto del Servizio centrale operativo (Sco), della Sisco di Catania e del commissariato di Vittoria, hanno fatto irruzione in un appartamento di un quartiere popolare di Comiso dove Stracquadaini si nascondeva. All’interno dell’abitazione sono state trovate due pistole semiautomatiche calibro 7,65, complete di munizioni, una carta d’identità falsa rilasciata dal Comune di Comiso e 6.500 euro in contanti. L’uomo, secondo gli investigatori, era pronto a reagire in caso di scoperta.
Nei confronti di Stracquadaini pendeva un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Catania il 24 giugno 2024 per associazione mafiosa, tentato omicidio aggravato in concorso e porto illegale di armi da fuoco. La sua latitanza era iniziata dopo l’aprile del 2024, quando aveva tentato di uccidere a Vittoria l’ex collaboratore di giustizia Roberto Di Martino, appartenente al clan Carbonaro-Dominante. L’agguato, compiuto mentre la vittima era alla guida della propria auto, gli costò gravi ferite, ma riuscì a sopravvivere. Da quel giorno, il presunto boss si era reso irreperibile, eludendo i controlli e riuscendo a sottrarsi per oltre un anno all’arresto.
Secondo le indagini coordinate dalla Dda di Catania, il tentato omicidio rientrava nel progetto criminale di Stracquadaini di “costituire un nuovo gruppo armato riconducibile all’associazione di stampo mafioso denominata Stidda”. L’obiettivo principale del presunto capomafia, sostengono gli inquirenti, sarebbe stato “l’eliminazione fisica degli ex collaboratori di giustizia” presenti a Vittoria e legati al clan Carbonaro-Dominante, considerati un ostacolo al predominio della nuova organizzazione nella gestione delle attività illecite nel territorio ragusano.
“L’indagine – spiegano i magistrati etnei – ha fatto emergere il ruolo predominante di Stracquadaini nell’attuazione del disegno criminoso di uccidere Di Martino e la sua ferma volontà di ricostituire un gruppo mafioso armato sotto la sigla storica della Stidda, con il chiaro intento di riaffermare il controllo sulle attività criminali della provincia di Ragusa”.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il gruppo riconducibile a Stracquadaini avrebbe pianificato una serie di azioni violente per riprendere il controllo del territorio, anche in contrasto con i clan tradizionali. La figura di Stracquadaini, già nota alle forze dell’ordine, sarebbe emersa come quella di un uomo di azione, capace di muoversi con discrezione ma determinato nel tentativo di riorganizzare la rete criminale nella zona di Vittoria e Comiso.
Durante la latitanza, il presunto boss avrebbe mantenuto contatti con soggetti orbitanti nel mondo del traffico di armi e del narcotraffico, come confermerebbero i materiali sequestrati nel covo. L’abitazione in cui è stato trovato era stata adattata per ospitarlo a lungo: una base discreta, con riserve di contante e documenti falsi che gli avrebbero permesso di spostarsi in caso di necessità.
Le forze di polizia e la Dda di Catania considerano l’arresto un colpo significativo alla criminalità organizzata ragusana, che negli ultimi anni ha tentato di riorganizzarsi dopo l’arresto di diversi capi storici. “L’operazione conferma la presenza costante dello Stato sul territorio e la determinazione nel contrastare ogni forma di riorganizzazione mafiosa”, sottolineano gli investigatori.
L’indagine, ancora in corso, mira ora a ricostruire la rete di fiancheggiatori che hanno garantito ospitalità e supporto al latitante. Intanto, Stracquadaini è stato trasferito in un carcere di massima sicurezza e messo a disposizione dell’autorità giudiziaria. Il suo arresto, avvenuto a un anno e mezzo dal tentato omicidio di Di Martino, segna un passaggio importante nella lotta contro le nuove forme di criminalità organizzata iblea, che tentano di rigenerarsi tra vecchie alleanze e nuovi equilibri di potere.
Secondo quanto riferito da alcune fonti investigative, il nome di Stracquadaini sarebbe stato menzionato anche in recenti indagini sul sequestro lampo di un giovane a Vittoria, avvenuto nelle scorse settimane, ipotesi che resta tuttavia al vaglio degli inquirenti. Con la sua cattura, la Dda di Catania chiude una delle più complesse operazioni antimafia degli ultimi anni nel Sud-Est siciliano, riportando alla giustizia un uomo che, secondo l’accusa, aveva scelto di riaccendere il fuoco di antichi rancori e di vecchi codici criminali. Un segnale forte, dicono gli investigatori, “che lo Stato è presente, vigila e colpisce anche chi pensava di potersi nascondere per sempre”.
(secondo l’accusa, i fatti descritti sono oggetto di indagini giudiziarie in corso e la colpevolezza dell’indagato dovrà essere accertata in sede di giudizio)