Palella, l’editore “globale” che scommette su Catania: «La storia non si cancella, la Sicilia si facilita»

Casa nel Connecticut, appartamento a Manhattan, società pronte alla Borsa americana. Ma il baricentro emotivo resta in Sicilia. Il battesimo del terzo figlio a Taormina diventa il controcampo familiare di una scelta imprenditoriale: l’acquisto – effettuato online lo stesso giorno della nascita a New York – del quotidiano La Sicilia. Nell’intervista al Corriere della Sera, Salvatore “Sal” Palella, 37 anni, traccia la sua road map tra editoria, mobilità leggera e retail tech, rivendicando un principio: «Non farò cancellare gli articoli contro di me. La storia deve restare scritta, anche con gli errori».

Le radici sono ad Acireale, le prime esperienze nell’ortofrutta di famiglia; la svolta, nel 2015, a San Francisco: «Vidi ragazzi di Uber sfrecciare sui monopattini: un’illuminazione». Nasce il progetto che lo porta a installare i primi mezzi in condivisione anche a Milano («debordo la fabbrica, volo a Hong Kong, compro, smonto, infilo in valigia»), tra entusiasmi e polemiche. Sulla narrazione del “bonus monopattini” replica: «Io affittavo, non vendevo. Zero euro da quel provvedimento».

Oggi Palella si definisce «facilitatore dell’isola»: vuole scuotere la comunità d’impresa locale e attrarre capitali esterni. «Qui puoi prendere un piccolo hotel e trasformarlo in un sogno, ripopolare un borgo». Due gli ostacoli: inglese poco diffuso e burocrazia. Il rapporto con la politica è pragmatico: «Io sto con chi governa». E dall’altra parte dell’Atlantico guarda con favore a misure pro-business e ai nuovi flussi di investimenti verso gli Usa.

Il capitolo editoria è il cuore del progetto. Nuove sedi a Catania e Palermo, 3 milioni come prima iniezione, due pagine in inglese e traduzione integrale dei contenuti: «La testata coincide con il “brand Sicilia” da proporre al mondo». L’idea è un giornale-ecosistema capace di raccontare il territorio e, insieme, offrire servizi (dal resort all’elicottero per Pantelleria) a un pubblico internazionale. Sull’autonomia della redazione, la promessa: «Massima libertà ai tecnici e ai giornalisti». E sui retroscena televisivi del passato («cattiverie», dice), ammette l’impatto («10 milioni di Helbiz bloccati in banca»), rivendicando però la cultura della seconda opportunità.

Nel portafoglio, oltre all’esperienza dei monopattini, spicca Everli (spesa a domicilio): fatturato 100 milioni, 1.800 shopper, aumento di capitale da 21 milioni e il dossier Nasdaq sul tavolo. «Il primo ordine l’ho consegnato io», sottolinea per marcare una leadership “operaia”. Nella squadra, consulenti di rango e relazioni internazionali; nella vita privata, la moglie Samantha Hoopes e un progetto familiare esplicito: «Sei figli è l’obiettivo, siamo a metà strada».

Resta l’interrogativo che accompagna ogni scalata editoriale: chi garantisce la separazione tra affari e linea del giornale? Palella risponde con la logica della trasparenza (“nessuna pulizia digitale del passato”) e una regola d’acciaio: la storia non si riscrive a posteriori. La scommessa – industriale e culturale – è che La Sicilia diventi hub di contenuti e vetrina di un territorio “investibile”, con un linguaggio capace di parlare al mondo. Se funzionerà, lo diranno mercato e lettori. Intanto il pendolarismo New York–Catania è già la sua routine: tra aeroporti, redazioni e boardroom, nel tentativo di far dialogare la provincia globale con la globalizzazione reale.