Statuto siciliano, via libera alle norme finanziarie: la fiscalità di sviluppo che può cambiare il futuro dell’isola
Dopo ottant’anni di attesa, il Consiglio dei Ministri ha approvato la norma di attuazione che rende finalmente operativa la parte finanziaria dello Statuto speciale della Regione Siciliana. È un passaggio che molti definiscono «storico»: per la prima volta la Sicilia ottiene gli strumenti fiscali completi previsti dagli articoli 36 e 37 dello Statuto, conquistando la possibilità di modulare tributi e compartecipazioni in maniera autonoma. Il provvedimento, presentato dalla Regione dopo l’accordo quadro con il Ministero dell’Economia, apre a un inedito regime di fiscalità di sviluppo, concepito per attrarre capitali e rilanciare il tessuto produttivo locale.
Che cosa cambia
La norma consente a Palermo di intervenire sulle aliquote dell’IRPEF, dell’IRAP e delle addizionali comunali, oltre a riconoscere alla Regione maggiori quote di IVA e di imposta di bollo generate sul territorio. Ciò significa più risorse stabili nel bilancio regionale e la facoltà di ridurre il prelievo su settori strategici o su categorie da incentivare: start‑up, manifattura 4.0, turismo diffuso, agritech, energie rinnovabili. Il presidente Renato Schifani ha parlato di «una fiscalità compensativa unica in Italia, in grado di coniugare attrattività per gli investitori esterni e sostegno ai nostri imprenditori»
Tra le prime misure annunciate spiccano l’agevolazione per i pensionati europei ed extraeuropei che acquistano casa in Sicilia e vi trasferiscono la residenza – sul modello Portogallo – e gli sgravi per chi apre nuove imprese nei Comuni a rischio spopolamento. In parallelo, il governo regionale potrà destinare parte del gettito «aggiuntivo» a ridurre l’imposizione sui redditi medio‑bassi e a finanziare crediti d’imposta per gli investimenti green, creando un ponte con le strategie del PNRR.
Un cammino lungo ottant’anni
Il riconoscimento dell’autonomia finanziaria non arriva per caso: dal 1946 lo Statuto prevedeva che la Regione trattenesse «tutti i tributi erariali riscossi nel suo territorio», ma l’attuazione è stata parziale e spesso oggetto di contenziosi davanti alla Corte costituzionale. Un primo passo era stato compiuto nel 2016, con la ripartizione del gettito IRPEF in decimi, e un secondo nel 2019 per l’armonizzazione dei sistemi contabili, ma la vera svolta si concretizza soltanto ora con il decreto approvato il 15 luglio 2025.
Opportunità per imprese e lavoro
Secondo le stime dell’assessorato all’Economia, la Sicilia potrà contare su oltre 1,2 miliardi di euro di risorse aggiuntive annue entro il 2027, da reinvestire in infrastrutture logistiche, zone economiche speciali e incentivi all’export agroalimentare. Gli economisti dell’Università di Palermo calcolano che, se il nuovo quadro agevolativo verrà applicato con tempi certi e burocrazia snella, l’isola potrebbe attrarre fino a 8 miliardi di investimenti privati nei prossimi cinque anni, generando 45 mila nuovi occupati fra indotto diretto e filiere connesse (cantieri, servizi, commercio).
Un’attenzione particolare andrà al contrasto della fuga dei giovani talenti: la Regione conta di introdurre un credito di rientro per i laureati all’estero che scelgono di tornare e aprire un’impresa innovativa in Sicilia, con una detassazione quinquennale del reddito d’impresa. «Questo provvedimento – sottolinea Schifani – non è solo un traguardo giuridico, ma un volano per rigenerare il capitale umano e sociale dell’isola» L’entrata in vigore del decreto non sarà, però, la fine del percorso. Occorrerà redigere entro 90 giorni i regolamenti attuativi che definiranno tempi, soglie, procedure e controlli sulle nuove aliquote. Il governo regionale dovrà coordinarsi con l’Agenzia delle Entrate per evitare sovrapposizioni e garantire certezza agli operatori economici. Non meno importante sarà la capacità di utilizzare bene le maggiori entrate: senza un piano industriale chiaro e una strategia di semplificazione amministrativa, la sola leva fiscale non basterà a invertire i divari con il resto del Paese.
Una svolta attesa da anni
Malgrado le incognite, il clima che si respira tra le associazioni di categoria è di cauto ottimismo. «Avere regole fiscali dedicate e stabili ci aiuterà a programmare investimenti di lungo periodo e a competere con altre regioni europee» commenta Confindustria Sicilia. Il mondo delle PMI chiede che le prime risorse vadano a ridurre il costo dell’energia e a rafforzare i collegamenti con la dorsale tirrenica e con i mercati esteri. Quello approvato il 15 luglio è, dunque, un punto di svolta: la Sicilia, da sempre al centro del Mediterraneo, può finalmente contare su uno strumento che restituisce certezza di risorse e flessibilità d’intervento. Dopo decenni di rivendicazioni, l’autonomia finanziaria passa dalle enunciazioni di principio a un meccanismo concreto, con l’obiettivo di trasformare l’isola in una piattaforma d’innovazione e di crescita condivisa. Ora la parola passa a imprese, istituzioni e cittadini, perché la “fiscalità di sviluppo” diventi davvero il motore di un nuovo ciclo economico e sociale per la Sicilia.