L’eredità di Paolo Borsellino, tra silenzi che fanno paura e verità ancora in cerca di voce

Paolo Borsellino

«Il silenzio sulla mafia di oggi mi spaventa terribilmente». L’allarme di Chiara Colosimo, presidente della Commissione Antimafia, risuona nella piazza di Corleone dove l’Agenzia italiana per la Gioventù ha aperto una tre giorni di memoria fra Palermo e Corleone. «So che potete scegliere da che parte stare – aggiunge – e lo dovete fare oggi, a Corleone, dove il male ha imperato e oggi può alzare la testa». Mentre la politica nazionale si divide fra fiaccolate e assenze di peso, Catania sceglie l’arte per parlare alle generazioni che non ricordano il tritolo del ’92. Stasera alle 20, nell’arena Adua di via San Nicolò al Borgo, Addiopizzo proietterà In guerra per amore di Pif. Prima del film interverrà il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita: «Il senso di una commemorazione a 33 anni dall’omicidio di Paolo Borsellino e della sua scorta – spiega al Quotidiano La Sicilia – consiste nel mettere al centro la sua grandissima umanità, la sua solitudine, le difficoltà incontrate nel promuovere una lotta alla mafia fatta non solo di repressione, ma anche di riscatto morale e sociale dei siciliani».

Ardita ricorda quanto il magistrato fosse stato «spesso isolato» quando era in vita. «Occorre un ricordo vero di Borsellino, amante della sua terra, identitario ma non fazioso e strenuo difensore dei più deboli». «La sua figura deve essere oggi patrimonio di tutti e non solo di una parte politica». A Palermo, nella cornice del palazzo di giustizia, si confrontano procuratori da mezzo mondo sulle «Sfide della criminalità organizzata transnazionale». Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo rilancia: «C’è ancora un debito di verità che si ha non solo nei confronti della famiglia Borsellino, ma del Paese intero». E assicura l’impegno condiviso con Caltanissetta sul depistaggio Scarantino e l’agenda rossa scomparsa. Il presidente della Corte d’Appello di Palermo Matteo Frasca pone la ricerca della verità come «metavalore, un antecedente assiologico di ogni altro diritto», mentre Juan Bautista Mahiques, procuratore generale di Buenos Aires, confessa: «Sono cresciuto in Argentina con i modelli di Falcone e Borsellino».

L’altra faccia della cronaca sono i permessi premio: «Nei primi mesi del 2025 – sottolinea Colosimo – i boss che hanno beneficiato di permessi sono circa 200». Fra loro Salvatore Benigno, ex artificiere dei Graviano, e Giovanni Formoso, entrambi custodi di segreti sulle stragi ma ritenuti detenuti modello dopo lauree e occupazioni religiose.

Intanto la politica si prepara alle celebrazioni in via D’Amelio: Elly Schlein raggiungerà il luogo della strage nel pomeriggio; Giorgia Meloni sarà assente, ma a rappresentare Fratelli d’Italia ci penserà la sorella Arianna, di nuovo alla fiaccolata che partirà da piazza Vittorio Veneto. Un bipolarismo della memoria che riflette quello parlamentare. Ma dietro i riflettori restano le inchieste che tentano di ricucire gli strappi della storia giudiziaria italiana. «Non è una strada facile – ammette Melillo – ma è una strada intrapresa con decisione». Le perquisizioni nelle case dei familiari dell’ex procuratore Giovanni Tinebra e dell’ex questore Arnaldo La Barbera confermano che l’ombra del depistaggio pesa ancora sui dossier di via D’Amelio.

Colosimo invita i giovani a essere «testimoni di una storia di rivincita sulla mafia», Ardita ricorda la solitudine del magistrato tradito in vita, Melillo insiste sul «debito di verità» che lo Stato deve onorare. Tre voci, un solo imperativo: non c’è futuro senza memoria e senza giustizia. E quando si spengono i microfoni resta la domanda che attraversa ogni anniversario: quanto di quel sacrificio è realmente vivo nella coscienza collettiva? Se «il silenzio sulla mafia di oggi» fa ancora paura, allora la sfida lanciata da Corleone, da Catania e da Palermo non è rituale ma necessaria. Perché quei 57 giorni di terrore fra Capaci e via D’Amelio non diventino solo un capitolo di storia, ma la bussola etica di un Paese che vuole davvero liberarsi dalle sue zone d’ombra.