Galvagno respinge le accuse: “Non mi dimetto, rispetto l’indagine ma non posso aggiungere altro”
“In gennaio ho ricevuto comunicazione di una proroga delle indagini preliminari i cui capi d’imputazione, in quella fase, non erano noti. Non sapevo di cosa si trattasse e non avevo accesso ad alcun atto, ma volevo comunque mettermi a disposizione dei magistrati e ho chiesto di essere subito interrogato per dare tutti gli elementi possibili. A questa mia richiesta è stato dato seguito il 24 maggio con l’invito a comparire e il 7 giugno quando sono stato ascoltato e dove ho confermato la liceità dei miei comportamenti. Non mi sono sottratto in nessun modo. L’indagine non è chiusa e semmai ci sono davanti tre gradi di giudizio”, ha spiegato il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno in apertura di seduta, riferendosi all’inchiesta per corruzione che lo vede indagato.
Richiamando le dimissioni della propria portavoce e rimarcando il ruolo di ogni gruppo parlamentare, Galvagno ha aggiunto: “Non voglio avere più diritti di ogni altro cittadino che non ha la possibilità di fornire le proprie argomentazioni addirittura dallo scranno più alto di questa Assemblea – anzi sento di avere più doveri. Su questa indagine io non posso aggiungere altro, se non il mio doveroso rispetto verso gli uffici giudiziari. Ho deciso di trasformare questa vicenda in un dibattito aperto, ma su cui non voglio e non posso dire altro, pur riservandomi di intervenire alla fine del dibattito se necessario”. Subito dopo Galvagno ha lasciato la presidenza “per opportunità” al vicepresidente vicario Nuccio Di Paola (M5S), precisando: “Questo non è un tribunale e questa seduta non è un processo, ma l’occasione per dire con fermezza che la mia funzione non è stata messa a disposizione di interessi illegittimi. Abbiamo fatto leggi movimentando risorse per 13 miliardi di euro, garantendo la crescita della Regione”.
“Dai giornali apprendo ciò che non è neanche nelle mie disponibilità di indagato: ho appreso che la stampa, che fa il suo lavoro, ha più informazioni di me e che anche altri sono in possesso di atti che io non ho e che circolano liberamente”, ha concluso Galvagno, prima di seguire dagli scranni parlamentari gli interventi dei capigruppo e del presidente dell’Antimafia. Nell’Aula erano presenti anche il governatore Renato Schifani e, a margine della seduta, Marcella Cannariato ha rassegnato le dimissioni dal Consiglio di indirizzo della Fondazione Teatro Massimo di Palermo, “volta alla primaria tutela della Fondazione”, ha commentato il sindaco e presidente Roberto Lagalla.
“Ringrazio tutti i deputati che oggi hanno voluto partecipare a questa seduta e per il riconoscimento anche da parte dell’opposizione – e dunque non scontato – della disponibilita’ della presidenza di affrontare questo dibattito. E ringrazio per la sua presenza il presidente della Regione Schifani. E’ certamente significativa. L’emozione in questa fase e’ comprensibilmente forte dentro di me. Ma l’Ars deve andare avanti”. Lo ha detto il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, ‘riprendendosi’ per un attimo il suo scranno, ceduto al vice Nuccio Di Paola, nel corso del dibattito d’Aula incentrato sull’inchiesta che lo vede indagato per corruzione.
il presidente della commissione Antimafia Ars, Antonello Cracolici, intervenendo in Aula durante il dibattito ha sottolienato, come la: “vicenda Galvagno, al di là delle responsabilità individuali e penali, è paradigmatica di un contesto di degrado verso il quale dobbiamo alzare il livello di responsabilità e rigore. Se persino i collaboratori di un presidente o di un assessore si ritengono al di sopra della legge, con sistemi di scambio e di vera e propria attività corruttiva, allora la politica deve interrogarsi perché qualcuno, tradendo le funzioni della democrazia, pensa di utilizzare singoli provvedimenti o attività per averne un tornaconto personale o un beneficio”.
“Ben prima che iniziasse questa legislatura, già col ‘caso Cannes’ – ha aggiunto – si era aperta una voragine su quel settore delicato della rappresentanza e della funzione amministrativa che pone diversi interrogativi. Quello che emerge è che Fratelli d’Italia, che ormai ripetutamente viene coinvolta negli scandali del settore del turismo, tanto da essere definita la corrente ‘turistica’, governa questo ambito non solo in Sicilia, ma anche in Italia. Trovo inaccettabile l’idea che si voglia far passare il parlamento come un luogo criminogeno, per cui si fanno leggi ad hoc, questo è un insulto alla funzione propria di un parlamento, anzi rivendico il principio che questo parlamento rappresenta gli interessi e le categorie sociali della Sicilia. Diverso è se qualcuno pensa di usare le leggi per utilità personali”.