All’Ars passa la linea della maggioranza: eletto Pietro Ivan Maravigna alla Corte dei Conti

Regione siciliana (cataniaoggi.it-facebook)

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All’Ars giornata decisiva tra voti, tensioni e doppie letture politiche: Pietro Ivan Maravigna eletto alla Corte dei Conti, approvata la norma sul deputato supplente. Fratelli d’Italia conferma lo strappo con Schifani, mentre Pd e M5S attaccano: “Nomine e silenzi, zero trasparenza”.

PALERMO – Giornata ad alta tensione politica all’Assemblea Regionale Siciliana, dove la maggioranza di centrodestra ha incassato due risultati importanti, pur mostrando al suo interno segnali di frattura sempre più evidenti. In un clima di apparente compattezza, l’aula di Sala d’Ercole ha eletto, con voto segreto, Pietro Ivan Maravigna componente della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e ha espresso parere favorevole alla riforma nazionale che introduce la figura del deputato supplente. Due atti che segnano la linea politica del governo Schifani ma che, al tempo stesso, riaccendono polemiche e tensioni sia dentro che fuori la coalizione.

Nel primo caso, l’avvocato catanese Maravigna, sostenuto dal presidente dell’Ars Gaetano Galvagno, ha ottenuto 37 voti su 65. Un risultato che Renato Schifani ha salutato come “una prova di solidità della maggioranza” e che per il centrodestra rappresenta un segnale di forza dopo giorni di malumori interni. Ma le crepe restano. Dall’opposizione piovono accuse di scarsa trasparenza e gestione autoritaria delle nomine, mentre da Fratelli d’Italia emergono posizioni di aperta distanza dal governo regionale.

Il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico parlano di “nomine imposte senza confronto”. “È inaccettabile che la maggioranza si nasconda dietro il silenzio-assenso per far passare decisioni così importanti senza dibattito”, hanno dichiarato i deputati Michele Catanzaro (Pd) e Lidia Adorno (M5S), insieme a Mario Giambona e Angelo Cambiano. Per l’opposizione, la maggioranza avrebbe volontariamente disertato la Commissione Affari Istituzionali per evitare un confronto pubblico sulle scelte. Ancora più duro il deputato M5S Adriano Varrica, autore della relazione di minoranza: “La riforma del deputato supplente è a rischio incostituzionalità: limita autonomia e libertà dei parlamentari, creando figure politicamente ricattabili”. Sulla stessa linea Nuccio Di Paola, vicepresidente dell’Ars e coordinatore regionale del M5S: “Si crea un gruppo di deputati sotto controllo politico, con un grave squilibrio tra poteri”.

Dal centrodestra, invece, si parla di “modernità istituzionale” e “efficienza amministrativa”. “Il supplente consentirà continuità ai lavori dell’Ars, evitando costi per nuove elezioni e interruzioni nei lavori parlamentari”, spiegano fonti della maggioranza. Ma il dibattito resta acceso: secondo la deputata M5S Stefania Campo, la riforma potrebbe pesare fino a 17 milioni di euro per legislatura, “un prezzo salato per moltiplicare le poltrone”.

Intanto, dietro l’apparente coesione, si consuma un’altra partita politica che mette in crisi l’equilibrio del governo regionale. Fratelli d’Italia, attraverso il capogruppo Giorgio Assenza, avrebbe diffuso un video interno – mai pubblicato ufficialmente – per ribadire che “il partito non darà più sostegno esterno alla giunta Schifani”. Toni freddi, che confermano la distanza tra il gruppo parlamentare e Palazzo d’Orléans. A Roma, il commissario regionale Luca Sbardella, nominato da Giorgia Meloni per ricomporre le tensioni nel partito, commenta a caldo: “Trentasette voti non sono molti, ne mancano parecchi. Il clima con Schifani non è affatto sereno”.

Dalla capitale trapela irritazione. “È un’iniziativa di Galvagno, non una compensazione politica”, afferma un dirigente nazionale. Il senatore Raoul Russo rincara la dose: “Siamo stati alleati leali, ma non saremo più concilianti come in passato”. E da Strasburgo l’eurodeputato Giuseppe Milazzo conferma: “Sbardella è pienamente legittimato, la linea del partito è la sua”.

Il nodo politico resta Salvatore Iacolino. La giunta regionale, il 3 ottobre, ha approvato la sua nomina a capo della pianificazione strategica della sanità siciliana in assenza dei rappresentanti di FdI e Mpa, aprendo un fronte di scontro che non si è ancora ricomposto. Il comunicato ufficiale parlava di “conferma nel ruolo”, ma la delibera non è stata pubblicata immediatamente sul sito istituzionale. Motivo: la giunta non poteva formalizzare proroghe dopo la scadenza del 30 settembre, in attesa del bilancio consolidato. Di fatto, Iacolino resta in carica con una proroga tecnica di due mesi. Per il rinnovo definitivo si dovrà attendere novembre. Una soluzione temporanea che qualcuno interpreta come un tentativo di distensione politica, ma che per ora non ha prodotto effetti.

In questo contesto, la maggioranza deve fare i conti anche con l’impasse sulla “manovrina” di fine anno, bloccata da oltre 2.500 emendamenti che rischiano di rallentare ulteriormente l’attività legislativa. Mentre Schifani tenta di rilanciare l’immagine di un governo stabile e coeso, il centrodestra si muove su un terreno sempre più fragile, diviso tra la necessità di mostrarsi unito e le spinte centrifughe che minacciano la tenuta della coalizione.