Dopo alcuni anni di relativa stabilità, il mondo della scuola torna a fare i conti con la riduzione degli organici. Il calo demografico e il processo di dimensionamento della rete scolastica si traducono infatti in nuovi tagli per docenti e personale Ata. Una notizia che, sebbene non ancora formalmente definitiva, ha già acceso il dibattito tra sindacati e istituzioni. Nei giorni scorsi è stato pubblicato il decreto interministeriale che definisce gli organici di diritto del personale docente, ossia quella parte stabile utilizzata per i trasferimenti, la mobilità e le immissioni in ruolo. In Sicilia l’impatto sarà pesante: l’Isola contribuisce per circa l’1% al taglio complessivo di 5.667 cattedre previsto dalla legge di bilancio 2025. Dal prossimo settembre gli istituti siciliani dovranno quindi rinunciare a 603 posti.

Non si tratta solo di un dato tecnico, ma di un cambiamento che rischia di incidere direttamente sulle opportunità di lavoro per docenti di ruolo, supplenti e aspiranti precari. Claudio Parasporo, segretario regionale della Uil Scuola, sottolinea come il taglio «si concretizzerà in organico di fatto»: quella quota di posti che integra l’organico stabile e che può essere ridotta ulteriormente se non si formano le classi. «Il ministero — osserva Parasporo — taglia l’organico di diritto, poi a livello regionale si registra il calo della popolazione scolastica, si riduce il numero delle classi e conseguentemente i posti. Continuano a imputare tutto alla denatalità, ma quelle risorse potrebbero essere impiegate per diminuire il numero di alunni per classe e migliorare la qualità didattica».

Sulla stessa linea la Cisl Scuola. «Il principio di legare con un calcolo puramente numerico i posti in organico al numero di alunni — spiega la segretaria regionale Francesca Bellia — è una scelta che penalizza la Sicilia. La riduzione di 603 cattedre produrrà maggiore precarietà e minore qualità dell’offerta formativa. È necessario un cambio di passo».

Duro anche il giudizio della Flc Cgil Sicilia. Per il segretario Adriano Rizza «il taglio non solo riduce le possibilità occupazionali per docenti e personale Ata, ma incide negativamente sulla didattica e sulle condizioni di lavoro nelle scuole. Servono scelte politiche più lungimiranti e coraggiose».

Il meccanismo, secondo i sindacati, rischia di precarizzare ulteriormente il sistema. È infatti sugli organici stabili che si effettuano assunzioni, trasferimenti e immissioni in ruolo. Meno posti fissi significano meno possibilità per i vincitori di concorso, per i precari inseriti in graduatoria e per chi, attualmente in servizio fuori dall’Isola, spera di rientrare.

Le organizzazioni dei lavoratori ricordano inoltre che, di fronte a un calo demografico destinato a proseguire nei prossimi anni, il governo potrebbe scegliere di trasformare questa tendenza in un’opportunità: ridurre il numero di studenti per classe, migliorare la qualità dell’insegnamento e contrastare fenomeni come dispersione e abbandoni scolastici, che in Sicilia raggiungono percentuali allarmanti.

Uno scenario che, tuttavia, sembra restare sulla carta. Già lo scorso giugno, in audizione parlamentare, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva anticipato la volontà di procedere con «un ripensamento delle strutture, del personale e della spesa destinata all’istruzione» alla luce del calo delle nascite. Un messaggio che i sindacati leggono come il preludio a nuovi tagli. Per la scuola siciliana, insomma, si apre una stagione difficile: meno docenti, meno posti Ata e più incertezza per chi, tra graduatorie e concorsi, sperava in una stabilizzazione.