La Sicilia, il coraggio del cambiamento e la sfida degli apparati ostili

Schifani

Ci sono parole che non possono passare inosservate. Quando il presidente della Regione Renato Schifani ha affermato che “ci sono forze e apparati ostili che dicono sempre no allo sviluppo della nostra terra”, non ha pronunciato una semplice battuta polemica, ma, ha toccato il cuore di uno dei mali storici della Sicilia. Un’isola che potrebbe dare tanto, anzi tantissimo, e che invece, come ricordano diversi osservatori, troppo spesso si ritrova imbrigliata in veti, burocrazie paralizzanti, interessi incrociati e resistenze culturali che hanno storicamente rallentato il cammino verso la modernità. La Sicilia non è condannata al sottosviluppo: ha energie, risorse, intelligenze e una posizione strategica che la rendono potenzialmente un hub naturale del Mediterraneo. Ma, ogni volta che un progetto di respiro europeo prova a decollare, spuntano i “no” di principio. Sono quegli apparati – in senso lato, burocratici e culturali – che si nutrono di immobilismo, che vivono di rendita nella palude dell’inazione.

Ecco perché le parole di Schifani, pronunciate in occasione dell’annuncio sull’aggiudicazione del progetto di fattibilità per i due termovalorizzatori, assumono un peso diverso. «Oggi segniamo un altro passo decisivo per il futuro della Sicilia – ha detto il governatore –. Invitalia ha aggiudicato il progetto per gli impianti di Palermo e Catania. Il 22 settembre firmeremo il contratto di appalto a Palazzo d’Orléans, entro cinque mesi il progetto sarà pronto e alla fine del 2026 potranno iniziare i lavori, la cui conclusione è prevista per il 2028». Si tratta di opere strategiche, «come ne esistono a centinaia in tutta Europa», che l’Isola attende da decenni. E Schifani ha ricordato che grazie ai termovalorizzatori «la Sicilia risparmierà oltre 100 milioni di euro l’anno, perché non dovrà più spedire la spazzatura all’estero. Significa meno costi, più efficienza, più rispetto per l’ambiente e più dignità per la nostra terra».

Il passaggio sugli “apparati ostili” lascia spazio a diverse interpretazioni. Non si tratterebbe soltanto di opposizioni politiche, ma forse di quella trama di interessi che prospera sul caos e sull’emergenza. Un riferimento che non individua soggetti specifici, ma richiama un problema diffuso e radicato: la gestione dei rifiuti in Sicilia, negli ultimi decenni, è stata terreno fertile per circuiti poco trasparenti, alimentati da ritardi, discariche sature e assenza di impianti moderni. I termovalorizzatori, al di là del loro valore ambientale ed economico, rappresentano dunque anche un argine concreto a quei sistemi opachi che hanno tratto vantaggio dalle inefficienze del settore. Perché spezzano il circuito vizioso che ha permesso ad alcuni interessi di prosperare sull’emergenza rifiuti.

Restituire alla Sicilia un sistema moderno di gestione significa non solo pulizia e decoro, ma anche sottrarre terreno a chi, nel tempo, ha visto nei rifiuti un affare facile. Per questo Schifani insiste: «Siamo davanti a una svolta storica, a un obiettivo che per anni, dico per anni, è sembrato irraggiungibile. Ormai ci siamo, la Sicilia cambia davvero passo e insieme andiamo avanti. E non ci fermeremo, anche se ci sono forze e apparati ostili che dicono sempre no allo sviluppo della nostra terra. Andremo avanti». Sono parole che tracciano un solco. Perché la vera sfida non è solo costruire due impianti, ma cambiare mentalità. Rompere il patto non scritto che per troppo tempo ha legato la Sicilia alla logica dell’emergenza, all’idea che “non si può fare”, all’alibi del “si è sempre fatto così”. Il futuro dell’Isola dipenderà dalla capacità di sconfiggere queste resistenze, di non piegarsi ai “no” interessati e di credere, finalmente, che la Sicilia possa competere con l’Europa, non inseguirla. I termovalorizzatori sono un banco di prova: non soltanto macchine per trasformare i rifiuti in energia, ma simboli di una terra che sceglie di dire sì al cambiamento, sì alla dignità, sì allo sviluppo.

La Sicilia può dare tantissimo, ma deve liberarsi dai lacci che la trattengono. Gli apparati ostili evocati da Schifani esistono, e non si nascondono. Ma se la politica, le istituzioni e i cittadini sapranno fare quadrato, stavolta il futuro non sarà più rimandato. A conferma di quanto il tema ambientale sia importante, parlano anche i numeri: a livello regionale la Campania si conferma al primo posto per illeciti ambientali, con 4.952 reati, pari al 14% del totale nazionale, seguita dalla Sicilia, che sale di una posizione rispetto al 2022 con 3.922 reati (+35%), dalla Puglia con 3.643 (+19,2%) e dalla Calabria con 2.912 (+31,4%). La Toscana avanza dal settimo al quinto posto, seguita dal Lazio, mentre la Sardegna balza dal quindicesimo al settimo posto.

Il dettaglio provinciale mostra Napoli nuovamente al primo posto con 1.494 reati, seguita da Avellino con 1.203 (+72,9%) e da Bari. Roma scende al quarto posto con 867, davanti a Salerno, Palermo, Foggia e Cosenza. Tra le tipologie di illeciti, continua a salire la pressione del ciclo illegale del cemento (13.008 reati, +6,5%), che resta al primo posto tra i reati ambientali, ma a preoccupare è soprattutto l’impennata nel ciclo dei rifiuti: 9.309 reati penali, +66,1%, che salgono al secondo posto.

Numeri che dimostrano quanto la sfida della legalità e della modernità nella gestione dei rifiuti non sia solo una questione tecnica, ma una battaglia decisiva per il futuro della Sicilia e dell’Italia.