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Mozione di sfiducia in Sicilia: Schifani salvo, clima teso

ARS RESPINGE MOZIONE DI SFIDUCIA

schifani supera il voto amid tensioni politiche

La mozione di sfiducia al presidente Schifani non passa: giornata ad alta tensione all’Assemblea regionale tra accuse, inchieste e trattative di maggioranza.

PALERMO – Nessun colpo di scena all’Assemblea regionale siciliana: la mozione di sfiducia presentata da PD, M5S e Centopassi contro il presidente della Regione Renato Schifani è stata respinta con 26 voti a favore, 41 contrari e 4 astenuti. Decisiva l’assenza di alcuni deputati dell’opposizione, giudicata determinante ma non sufficiente a modificare il risultato. Governo e Parlamento proseguono così la loro agenda politica, con la Finanziaria attesa già dalla prossima settimana.

La giornata, tuttavia, è stata segnata da un clima incandescente. Prima del voto, una riunione dai toni tesi tra Giuseppe Galvagno, presidente dell’Ars, e alcuni rappresentanti della maggioranza ha preceduto la decisione della Procura di Palermo di chiedere il processo per Galvagno con l’accusa di corruzione elettorale. Una notizia arrivata pochi minuti prima dell’avvio della seduta e che ha aggiunto ulteriore tensione a un quadro politico già instabile.

Schifani e Galvagno si sono mostrati compatti. Il governatore ha ribadito fiducia nel presidente dell’Ars, criticando la richiesta della Procura e parlando di «accuse tutte da verificare». Lunga la lista di esponenti della maggioranza accorsi in sostegno di Galvagno: da Fratelli d’Italia all’Mpa fino alla Lega.

Nel suo intervento in Aula, Schifani ha parlato apertamente del «clima di sospetti e polemiche» legato alle inchieste, respingendo le accuse: «Quale colpa ha un presidente che deve scegliere se fidarsi o meno di chi entra nella stanza della Regione?». Ha poi attaccato l’opposizione: «Da voi arrivano solo urla e nessuna proposta concreta».

Il presidente ha rivendicato anche alcuni punti programmatici: la virata sull’economia, gli interventi contro la precarietà e l’accelerazione su termovalorizzatori e riforme strutturali. Nel dibattito è intervenuto anche l’assessore alle Attività produttive Edy Tamajo, che ha condannato l’uso «politicamente distorto» della vicenda giudiziaria.

Si è registrato il sostegno compatto del fronte di maggioranza: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e parte del centro autonomista. Il capogruppo Mpa Roberto Di Mauro.

Sullo sfondo delle trattative, la questione più delicata rimane la Finanziaria. Prima del voto, gli alleati avrebbero chiesto garanzie sulle prossime misure economiche. Sul tavolo anche il possibile adeguamento degli stipendi dei precari degli enti locali, mentre si discute di un’operazione da 40-50 milioni per contenere le spese correnti.

Dietro le dichiarazioni ufficiali resta la consapevolezza che il voto odierno ha soprattutto blindato una maggioranza attraversata da tensioni e inchieste, ma ancora numericamente solida. Resta ora da verificare la tenuta politica di un governo chiamato a gestire l’equilibrio tra riforme, consenso e il peso crescente delle vicende giudiziarie che coinvolgono alcuni suoi protagonisti.

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Le persone coinvolte sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva di condanna, nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza. Chiunque voglia esercitare il diritto di replica può farlo nei modi e nei termini previsti dalla legge.

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Redazione