Saracinesche abbassate, in frantumi il sogno della grande azienda lombarda: capitale in fumo e dipendenti a spasso | È finita per sempre
Fallisce l'azienda lombada (cataniaoggi.it-pexels)
Addio alla celebre azienda, si chiude un capitolo della tradizione tessile milanese: i motivi della crisi che hanno portato al fallimento
Un silenzio irreale ha sostituito il ronzio dei telai nello stabilimento Bassetti di via per Legnano a Rescaldina. I cancelli sono stati chiusi con pesanti catene, segnando la fine definitiva di una storia industriale lunga quasi duecento anni. Per i circa settanta operai rimasti, il futuro era già stato tracciato nei mesi scorsi con il trasferimento nella sede di Cuggiono, mentre uffici e spaccio aziendale avevano già lasciato Rescaldina. Un progressivo smantellamento ha accompagnato l’epilogo inevitabile, lasciando dietro di sé il silenzio di una tradizione che ha segnato l’Alto Milanese.
Le radici della Bassetti affondano a metà Ottocento, quando Carlo Baroncini, cugino del fondatore Giovanni Bassetti, aprì un emporio di biancheria di pregio nel cuore di Milano. Per liberarsi dai fornitori esterni, Baroncini avviò a Rescaldina una piccola tessitura a mano, che in breve tempo contava oltre cento telai. Da queste origini modeste nacque un’impresa destinata a influenzare l’identità non solo di un paese, ma di un intero territorio.
Negli anni del boom economico, Bassetti divenne sinonimo di innovazione. L’azienda fu pioniera nell’introduzione della biancheria “pronta all’uso” e tra le prime in Italia a intuire il potenziale della pubblicità di massa. L’apertura del nuovo sito produttivo di Rescaldina, celebrato come “lo stabilimento più moderno d’Europa per l’industria più antica del mondo”, rappresentò l’apice della crescita, consolidando il marchio come leader del settore e simbolo di eccellenza tessile.
La favola industriale cominciò a scricchiolare a partire dagli anni Ottanta. Un forte indebitamento costrinse la famiglia a cedere il controllo prima al gruppo Marzotto e successivamente al Gruppo Zucchi. La concorrenza internazionale e le trasformazioni del mercato globale ridussero progressivamente il ruolo produttivo dello stabilimento, con un calo occupazionale costante e il ridimensionamento delle attività industriali storiche.
L’epilogo di Rescaldina
Con la chiusura definitiva dei cancelli, Rescaldina perde l’ultimo grande presidio della tradizione tessile locale. I telai muti e le linee produttive inattive raccontano la storia di decenni di lavoro e innovazione, ma anche le difficoltà di un settore in trasformazione. La città e l’intero territorio si confrontano ora con un vuoto industriale e simbolico che lascia una traccia indelebile nella memoria collettiva.
Sul futuro dell’area incombe un grande punto interrogativo. La proprietà ha già manifestato l’intenzione di procedere a una radicale riconversione, puntando a trasformare la fabbrica in un polo logistico ampliato. Un’idea che risponde alle esigenze del mercato moderno, ma che si scontra con la necessità di tutelare un patrimonio storico e affettivo per la comunità locale.
Vincoli e tutela del patrimonio
Il Comune di Rescaldina ha imposto paletti precisi: il nuovo polo dovrà garantire la sostenibilità viabilistica, preservare l’edificio storico su via Saronnese e salvaguardare il museo aziendale che custodisce la memoria della Bassetti. La tutela del patrimonio industriale e culturale diventa così un vincolo imprescindibile, mentre si cerca un equilibrio tra nuove esigenze economiche e rispetto della storia.
Il destino dell’ex fabbrica resta sospeso tra il mercato e la memoria storica. La Bassetti rappresenta più di un’impresa: è simbolo di identità locale, innovazione e lavoro artigianale. La sfida futura sarà conciliare la riconversione economica con il dovere di non cancellare le tracce di una storia lunga quasi due secoli, che appartiene non solo agli operai e agli imprenditori, ma all’intera comunità dell’Alto Milanese.