Il Gran Galà del Bellini International Context chiude un’edizione indimenticabile
Una serata che resterà scolpita nella memoria collettiva della città. Ieri, al Teatro Massimo Bellini, il concerto di gala conclusivo del Bellini International Context ha celebrato non solo il genio del Cigno etneo, ma anche i 2754 anni della fondazione di Catania, in un intreccio di storia, musica e identità. Sotto la direzione di Francesco Di Mauro, l’Orchestra del Teatro ha guidato il pubblico in un viaggio che ha unito i capolavori del primo Ottocento con due nuove composizioni in prima assoluta, segno della capacità dell’arte di rigenerarsi senza smarrire le radici. Il pubblico, numeroso e partecipe, ha accolto con lunghi applausi sia i classici che le novità, riconoscendo nella serata un ponte ideale tra passato e futuro, tra la tradizione di Bellini e la vitalità della musica contemporanea. «Ex cinere surgo», recita il motto di Catania, la fenice che rinasce dalle proprie ceneri. La serata di gala ne è stata la perfetta incarnazione: un atto di resilienza culturale, in cui la città ha riaffermato la propria identità millenaria attraverso il linguaggio universale della musica.
La serata si è aperta con la Norma di Vincenzo Bellini, seguita dal Benvenuto Cellini di Hector Berlioz e da L’Italiana in Algeri di Gioachino Rossini. A chiudere la prima parte il brano del giovane compositore catanese Yuri Furnari. Dopo una breve pausa, il pubblico ha potuto ascoltare I Capuleti e i Montecchi di Bellini, il Don Pasquale di Gaetano Donizetti, il pezzo inedito di Giovanni Nicosia (Il pianto di Efesto) e, in conclusione, I maestri cantori di Norimberga di Richard Wagner. Un programma articolato e pensato come suggello di questa edizione del festival: «È un programma ben pensato per la conclusione del Festival Belliniano – è stato sottolineato – perché offre un fil rouge tra Bellini e i compositori contemporanei, dando voce a due giovani catanesi che si affacciano alla composizione per orchestra ed è giusto premiare e incoraggiare».
Alla guida dell’orchestra del Teatro Massimo Bellini, Francesco Di Mauro racconta la sfida e le emozioni di un programma che intreccia il linguaggio del Cigno etneo con quello di altri grandi autori e con nuove composizioni contemporanee. «La sfida principale – spiega Di Mauro – è stata sicuramente il canto, il legato, il fraseggio tra i vari autori che ruotano attorno a Bellini, e a creare quelle sonorità che danno quella dolcezza, quella dolcezza espressiva che identifica Bellini rispetto a tutti gli altri». Il direttore sottolinea anche l’importanza del dialogo con la musica del presente: «È sempre bene dare voce a nuove composizioni, perché oggi usiamo un linguaggio che spesso è differente dal passato. Sono due belle composizioni, scritte molto bene, con una grande tessitura per l’orchestra, che fa in modo che l’orchestra si esprima al meglio delle proprie possibilità».
Paesaggi, miti e natura di Sicilia tradotti in musica. È questa la cifra della nuova composizione di Yuri Furnari, autore di Sikulus, che racconta come la sua terra d’origine abbia ispirato il brano commissionato da un’azienda agricola. «In questo brano soprattutto i paesaggi hanno dato il via a questo racconto sinfonico – spiega Furnari – perché la committenza di questa azienda agricola mi chiedeva di valorizzare il territorio. Già gli oliveti che sono in Sicilia, alberi meravigliosi, secolari, millenari, che raccontano la nostra storia, fanno parte di questa musica. Così come l’Etna, questo vulcano, cuore pulsante e implacabile, che mi ha portato a scrivere un brano molto eroico ed energico, con un inizio che richiama proprio la forza del vulcano e anche del sole, che illumina il nostro territorio e dà vita all’agricoltura. Infine il mare: non potevo non includerlo, con la sua calma che appartiene al carattere del siciliano, al suo modo di essere».
Nel cartellone del Festival Belliniano ha debuttato anche Il pianto di Efesto, composizione firmata dal giovane musicista Giovanni Nicosia, che spiega la genesi del brano e il legame profondo con la sua città. «È un concerto dedicato alla nascita di Catania – racconta Nicosia – quindi dovevo scrivere un pezzo che in un certo senso rappresentasse la città. L’Etna era il punto di partenza e l’ho collegata a Efesto, che nella mitologia è colui che lavora sotto la montagna. Ho voluto spiegare l’eruzione dell’Etna proprio attraverso il lavoro di Efesto: quando Efesto lavora, avviene l’eruzione. Ho quindi rappresentato gradualmente il suo processo creativo trasformato in forza naturale». Per Nicosia, portare in scena questo lavoro al Teatro Massimo Bellini è stato un momento indimenticabile: «Per me è un’esperienza unica. Da piccolo sognavo una simile occasione e poter scrivere per il Teatro di Catania, dove ho studiato e iniziato il mio percorso di composizione, è stato importantissimo».
Con il gran galà al Teatro Massimo Bellini si è chiusa un’edizione straordinaria del Festival Belliniano, che per oltre due settimane ha animato la città con appuntamenti quotidiani dedicati al Cigno etneo. A tracciare un bilancio è Daniela Lo Cascio, vicepresidente del Teatro Massimo Bellini di Catania, che sottolinea la portata dell’evento e il crescente entusiasmo del pubblico: «Si chiude questa kermesse straordinaria dedicata a Vincenzo Bellini – afferma Lo Cascio – sono stati più di due settimane di appuntamenti quotidiani che la cittadinanza ha apprezzato, perché abbiamo avuto parecchie richieste di accredito. Ci spiace per le persone che sono rimaste fuori, purtroppo, ma la manifestazione cresce di anno in anno». Lo Cascio ha infine richiamato il lavoro sinergico portato avanti dall’assessorato regionale al Turismo: «La Regione organizza altri eventi in tutta la Sicilia: a breve partirà la Coppa degli Assi alla Favorita, manifestazione sportiva di livello internazionale. Come già a giugno l’assessorato ha promosso il Festival del Jazz, presto inizierà anche la Settimana di Musica Sacra nel Duomo di Monreale. È questo connubio tra arte, musica e patrimonio culturale che attende soltanto di essere valorizzato e scoperto».
Infine, il resoconto organizzativo è affidato a Vincenzo Montanelli, responsabile del cerimoniale e della segreteria organizzativa: «Questo è il quarto anno in cui noi ci occupiamo di questo magnifico festival – spiega – ed è un continuo crescendo, si collabora in piena sinergia con i partner. Quest’anno abbiamo avuto anche concerti in contemporanea a Catania e a Messina, e la macchina organizzativa ha funzionato con grande attenzione, garantendo ospitalità e accoglienza a ospiti illustri e al pubblico che ha seguito con entusiasmo tutti gli appuntamenti». A supportare l’intera macchina comunicativa è stata l’agenzia Sevenupp, che ha curato la diffusione e la promozione dell’evento, contribuendo a consolidarne il successo e l’immagine.
Il Festival Belliniano non è solo una rassegna musicale: è la prova che la cultura, quando è radicata nel territorio e proiettata verso il mondo, diventa motore di identità e di futuro. Bellini non appartiene soltanto ai teatri o ai melomani, ma a un’intera comunità che attraverso la sua musica riconosce se stessa, i suoi sogni, le sue fragilità e la sua forza. Questa quinta edizione ha dimostrato che la bellezza, se condivisa, diventa patrimonio vivo e collettivo. Perché Catania non celebra solo il suo passato: lo reinventa, lo rinnova e lo rilancia, facendo del genio del Cigno etneo una voce sempre contemporanea.