Sanità siciliana, confronto a Catania: “Nessuna chiusura di ospedali di prossimità, ma più servizi per il territorio”

La sanità siciliana è stata al centro del dibattito politico e istituzionale che si è svolto ieri pomeriggio all’Hotel Nettuno di Catania, nell’ambito dell’iniziativa di Forza Italia dal titolo “Il Piano Strategico di Forza Italia per il Servizio Sanitario Pubblico”. Un incontro molto partecipato che ha riunito esponenti delle istituzioni e della politica regionale e nazionale, chiamati a discutere criticità e prospettive della nuova rete ospedaliera. Ad aprire i lavori è stato l’on. Salvo Tomarchio, deputato regionale di Forza Italia, che ha introdotto il tema con una riflessione sul ruolo della politica: «La politica ha il dovere di governare i processi, non di subirli e non di inseguire l’onda del populismo». Dopo il suo intervento, Tomarchio ha passato la parola a Ninni Decembrino, esperta della Città Metropolitana di Catania alla Salute e ai Servizi Sociali, ha illustrato le evoluzioni in corso nella rete ospedaliera di Catania e provincia, evidenziando i bisogni emergenti dei territori e i cambiamenti in atto nei presidi sanitari locali, portando anche i saluti del primo cittadino Enrico Trantino.

Sul nodo delle prospettive future è intervenuto anche l’on. Giuseppe Castiglione, deputato alla Camera, politico con una lunga esperienza istituzionale che lo ha visto in passato ricoprire più volte la carica di assessore regionale e di eurodeputato, oltre ad essere stato eletto in diverse legislature a Montecitorio. Una figura dunque di peso, che ha voluto allargare lo sguardo al contesto demografico: «Il tema demografico rappresenta una delle questioni più urgenti da affrontare per la programmazione sanitaria. L’Italia, ha ricordato, entro il 2050 perderà oltre 4 milioni di abitanti: un calo che rischia di avere conseguenze dirette sull’organizzazione della rete ospedaliera se si continua a ragionare soltanto con il criterio della popolazione residente».

«Così facendo, sottolinea il deputato – le aree interne “già svuotate da un progressivo spopolamento” rischierebbero di essere ulteriormente penalizzate, vedendo ridotte le strutture e i servizi sanitari di prossimità. Per Castiglione, la Sicilia non può più permettersi di restare vincolata al piano di rientro, che da 17 anni imbriglia le scelte regionali e si è trasformato in un ostacolo più che in una risorsa. Uscire da quel meccanismo è ormai indispensabile per poter progettare una sanità che tenga conto non solo dei numeri, ma anche delle peculiarità territoriali, delle distanze e delle reali esigenze delle comunità locali. Serve, dunque, un cambio di paradigma: ragionare con criteri diversi, capaci di garantire equità e accesso alle cure anche in quei territori che la logica puramente statistica rischierebbe di abbandonare».

Sempre Tomarchio ha poi sottolineato l’importanza di momenti di confronto pubblico: «La politica ha il dovere di governare i processi, non di subirli e non di inseguire l’onda del populismo. Organizzare momenti di confronto come questi per smontare alcune fake news sulla rete ospedaliera e, dall’altro, per raccontare quanto di buono è stato fatto e quanto si vuole ancora fare, è un obbligo per la politica, un dovere morale. Tutti noi, cittadini e istituzioni, abbiamo vissuto o conosciuto casi di malasanità. Ma è nostro compito interrogarci su come affrontare questi problemi e su cosa fare per curare davvero la sanità in Sicilia».

La parte centrale del dibattito è stata affidata all’assessore regionale alla Salute Daniela Faraoni, che ha difeso con fermezza la nuova rete ospedaliera, illustrando numeri e scelte precise. «La critica è sempre un fatto positivo perché ci dà la spinta per fare meglio – ha detto. Ma noi non abbiamo tolto un solo posto letto realmente utilizzato. Abbiamo trasformato quelli inattivi o di fatto inutilizzati, per potenziare i reparti dove serviva davvero». Nel dettaglio, l’assessore ha chiarito i criteri alla base della nuova mappa ospedaliera: «Ho avuto bisogno di posti letto in più in oncologia e ne abbiamo inseriti 208. In neurologia ne abbiamo aggiunti 28, in malattie infettive altri 50. Poi 48 posti letto in più nelle malattie dell’apparato respiratorio e 110 di Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza, fondamentali come polmone per l’accoglienza acuta». Il saldo complessivo dei posti letto, ha precisato, resta ridotto di 367 unità, ma solo perché «abbiamo trasformato la platea di letti non utilizzati per ottenere il meglio. Non l’abbiamo fatto a scapito dei pazienti».

Non sono mancati i riferimenti alle polemiche dei sindaci dell’entroterra, che lamentano di non essere stati ascoltati. Su questo punto Faraoni ha ribadito: «Abbiamo agito con grande senso di responsabilità, anche guardando alla valutazione che a breve dovremo affrontare con i ministeri. È chiaro che non abbiamo la presunzione di dire che questo piano sia il migliore in assoluto, ma è quello che oggi ci sembra più congruente». La platea dell’Hotel Nettuno ha seguito con attenzione gli interventi, in un clima di confronto che ha alternato dati tecnici e riflessioni politiche. A chiudere i lavori, il messaggio politico lanciato da Forza Italia: nessuna chiusura degli ospedali di prossimità, ma un potenziamento dei servizi territoriali e integrativi, per rafforzare un sistema che – nelle parole degli organizzatori – vuole essere sempre più vicino ai bisogni reali dei cittadini.

Un dibattito che ha mostrato una sanità siciliana in pieno movimento: tra i numeri di oggi, le scelte strategiche del presente e le incognite del futuro, resta al centro un obiettivo comune ribadito dai protagonisti: garantire ai cittadini un’assistenza più equa, moderna e all’altezza delle sfide che la Sicilia dovrà affrontare nei prossimi anni.