Caso Tardino, un commissario che rompe due muri. E una sfida politica tra Schifani e Salvini
La nomina di Annalisa Tardino a commissario straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale della Sicilia Occidentale non è soltanto un atto amministrativo, ma un passaggio politico che apre scenari nuovi e inediti nei rapporti tra Stato e Regioni. La decisione del ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini ha infatti innescato una reazione durissima da parte del presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, che ha annunciato ricorso contro la nomina. Un fatto senza precedenti: nella storia recente non si ricorda un governatore siciliano che abbia scelto un confronto così diretto e aspro con un ministro del proprio stesso schieramento. Il caso Tardino va letto in questa doppia chiave.
Da un lato il piano istituzionale: la normativa che disciplina le Autorità di Sistema Portuale (legge 84/1994 e D.Lgs. 169/2016) è chiara, attribuendo al Ministero delle Infrastrutture il potere esclusivo di nominare commissari straordinari. Le Regioni possono essere sentite in fase di designazione dei presidenti, ma non hanno alcun diritto di veto. Il ricorso annunciato da Schifani, dunque, appare difficilmente percorribile non solo per difetto di legittimazione, ma anche per competenza territoriale: essendo un decreto ministeriale, l’eventuale impugnativa andrebbe presentata al Tar Lazio e non al Tar Sicilia.
Dall’altro lato, il piano politico e simbolico. La nomina di Annalisa Tardino segna l’abbattimento di due muri. Il primo è quello di genere: una donna chiamata a guidare un ente strategico come l’Autorità portuale di Palermo, in un settore tradizionalmente dominato dagli uomini. Il secondo è quello delle competenze: Tardino non è una figura improvvisata, ma un avvocato con oltre vent’anni di carriera, già europarlamentare, con una solida esperienza maturata nella Commissione Trasporti del Parlamento europeo. Proprio lì ha contribuito al risultato – di portata storica per il Mezzogiorno – dell’ampliamento della rete TEN-T, che oggi include anche il Sud e la Sicilia.
Ma c’è anche un terzo dato, tutto politico. Fino a pochi anni fa sarebbe stato impensabile che un esponente della Lega potesse guidare un’autorità portuale con sede a Palermo, città simbolo della Sicilia. La scelta di Salvini rappresenta dunque una vittoria politica netta: la dimostrazione che la Lega è ormai pienamente inserita nei meccanismi di governo dell’Isola e che può ambire a ruoli di primo piano anche nei centri nevralgici del potere locale.
Tardino, dal canto suo, ha già chiarito la rotta: «Nessuna intenzione di cambiare rispetto al lavoro svolto da Pasqualino Monti». Anzi, la continuità sarà la bussola, nel segno delle opere di interfaccia porto-città e del rifacimento dei bacini di carenaggio, settori in cui l’ex presidente continuerà a rappresentare un punto di riferimento come commissario straordinario. A settembre, intanto, la neo-commissaria ha annunciato una riunione plenaria con il personale per tracciare la linea dei prossimi mesi: «Ci aspetta una sfida importante e la affronteremo insieme». Il resto lo dirà la politica. La Sicilia, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, ha bisogno di porti moderni, competitivi e ben governati. La partita che si apre con la nomina di Tardino non riguarda solo la gestione di un ente, ma i rapporti tra Roma e Palermo, tra Stato e Regione, e persino gli equilibri interni alla coalizione di centrodestra. Di certo, tra una commissaria donna con esperienza europea e un ministro che ha conquistato Palermo, la vicenda segna già un punto di svolta.
Resta, infine, la figura di Renato Schifani, politico di lungo corso ed ex presidente del Senato, oggi alla guida di una macchina complessa e farraginosa come la Regione Siciliana. La sua è una sfida nella sfida: lavorare duramente per lasciare un ricordo positivo di un’amministrazione regionale spesso percepita come lenta e difficile, portando a compimento riforme e progetti che possano incidere davvero sulla vita dei cittadini.