Messina accusa Fratelli d’Italia: «Non mi hanno difeso, emarginato per vicende minori»

Manlio Messina

Il deputato ed ex vice-capogruppo alla Camera Manlio Messina, con una lunga lettera inviata ai vertici del partito e poi diffusa alla stampa, ha spiegato perché lascia il gruppo di Fratelli d’Italia (FdI) e si iscrive al Misto. Secondo l’esponente siciliano, il partito della premier Meloni lo avrebbe progressivamente «messo ai margini» invece di tutelarlo dagli attacchi mediatici.

Messina ricostruisce mesi di «pubblica gogna» legati alle inchieste che lambiscono la politica regionale siciliana—fra cui quelle sul presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e sull’assessora al Turismo Elvira Amata—negando di aver mai orchestrato pressioni o richieste di finanziamenti. «Non ho mai compiuto alcun atto illecito», puntualizza, ribadendo la propria estraneità ai fatti contestati.

In particolare, il deputato ricorda il cosiddetto “caso Cannes”, sostenendo di non essere neppure iscritto nel registro degli indagati e di non essere mai stato sentito dalla Procura di Palermo. Eppure, spiega, il sospetto su di lui sarebbe bastato a farlo scivolare in una condizione di isolamento politico interno.

L’accusa principale è rivolta ai vertici nazionali di FdI, colpevoli a suo dire di aver privilegiato l’immagine del partito rispetto al garantismo: «Ho registrato un lento, ma costante, processo di emarginazione», scrive, domandandosi perché in altri casi giudicati «ben più gravi» il partito abbia usato «manica larga».

Messina conclude la lettera avvertendo gli ex colleghi: se si privilegia la tutela del marchio politico a corrente alternata, «ciò che è capitato a me potrà presto accadere a qualcun altro». Un monito che apre un nuovo fronte di tensione all’interno di Fratelli d’Italia, già alle prese con i contraccolpi delle inchieste siciliane.