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pensione (pexels) - cataniaoggi
Novità sul fronte pensionistico: la combinazione di bonus, inquadramenti flessibili e contratti su misura cambia il volto della terza età lavorativa. Ecco cosa succede con i nuovi aggiornamenti.
Negli ultimi mesi, il dibattito sul futuro della pensione in Italia si è fatto sempre più acceso. Tra bonus una tantum, assegni integrativi e forme di sostegno alternative, i pensionati italiani cercano risposte concrete in un panorama in continua evoluzione.
Con l’inflazione che continua a mordere e i costi della vita in salita, sempre più anziani si trovano nella necessità di integrare la propria pensione con nuove entrate. La buona notizia? La normativa italiana, oggi, offre diverse possibilità di rientrare nel mondo del lavoro, anche superata la soglia dei 65 anni.
Non si tratta solo di un ritorno economico: per molti pensionati, la possibilità di lavorare ancora rappresenta un’occasione per sentirsi attivi, utili e coinvolti nella società. Dai piccoli incarichi occasionali ai contratti più strutturati, le alternative ci sono. E si adattano a diversi profili, esperienze e disponibilità di tempo.
Le possibilità per chi è già in pensione
Secondo la legge attuale, un pensionato può lavorare senza limiti di età, purché rispetti determinate condizioni. È infatti possibile essere assunti con qualsiasi tipologia contrattuale: a tempo determinato, indeterminato, a chiamata, in collaborazione o con prestazioni occasionali.
Tra tutte, una delle formule più flessibili e interessanti è proprio il contratto a chiamata. Questo tipo di contratto consente a chi riceve già un assegno pensionistico di lavorare quando necessario, senza l’obbligo di presenza costante. Ideale per chi vuole restare attivo senza rinunciare alla libertà del proprio tempo.
Contratto a chiamata: come funziona e quanto si può lavorare
Il contratto di lavoro intermittente, o a chiamata, è una forma contrattuale prevista dalla normativa italiana per alcune categorie specifiche, tra cui i pensionati. Consente al datore di lavoro di attivare la prestazione lavorativa solo in caso di necessità, offrendo così flessibilità a entrambe le parti.
Il pensionato assunto con questa formula può lavorare fino a un massimo di 400 giorni in tre anni con lo stesso datore di lavoro (escluse le eccezioni nei settori turistico, ristorazione e spettacolo). Ha diritto a ferie, TFR, permessi ROL e persino alla tredicesima. Nessuna penalizzazione sulla pensione, e massima libertà di scelta.