URGENTE SANITÀ OMS – Farmaci da banco, scattano rincari mostruosi: approvato il PREZZO UNICO globale | 50€ per una tonsillite
Farmaci da banco - (cataniaoggi.it-pexels)
L’ordinanza presidenziale che scuote il settore farmaceutico, una novità che andrà a ricadere sui consumatori
All’inizio di maggio, l’amministrazione Trump ha firmato un ordine esecutivo che impone alle aziende farmaceutiche di abbassare i prezzi dei medicinali negli Stati Uniti. Sebbene non siano state comunicate cifre ufficiali, le stime parlano di tagli fino al 90%. Una decisione che ha suscitato reazioni contrastanti: se da un lato i consumatori americani potrebbero beneficiare di prezzi più bassi, dall’altro lato gli esperti europei temono una ricaduta negativa sul Vecchio Continente, identificato come beneficiario indiretto di un sistema di “sussidio involontario”.
La logica dell’esecutivo statunitense è basata sul principio che gli americani non debbano più finanziare i prezzi ridotti dei farmaci nei paesi sviluppati. Per questo, l’ordinanza introduce il concetto di “Prezzo della Nazione Più Favorita” (NPF), che impone che i medicinali siano venduti negli Stati Uniti al prezzo più basso registrato in uno dei paesi OCSE con un PIL pro capite pari almeno al 60% di quello statunitense. In caso di mancato accordo entro 30 giorni tra le aziende farmaceutiche e il governo, scatterà automaticamente il prezzo massimo imposto, basato sul prezzo minimo tra le nazioni considerate.
Nonostante le intenzioni dichiarate, gli analisti mettono in guardia sulle possibili conseguenze a livello globale. Il settore farmaceutico potrebbe infatti tentare di bilanciare il calo dei profitti nel mercato statunitense con aumenti significativi dei prezzi in Europa. È quanto afferma un recente rapporto dell’Università di Utrecht, secondo cui il Vecchio Continente si troverà a fronteggiare costi dei farmaci più alti come effetto indiretto della nuova politica americana.
Il professor Wim Goettsch sottolinea che Trump non considera le peculiarità del mercato sanitario statunitense, in cui gli intermediari e le compagnie assicurative contribuiscono in modo sostanziale all’innalzamento dei prezzi. In Europa, invece, i sistemi di regolamentazione nazionale e le negoziazioni centralizzate mantengono i prezzi più contenuti. Tuttavia, proprio questa disparità potrebbe spingere le case farmaceutiche a rivedere le politiche di prezzo, con l’Europa vista come bersaglio per il recupero delle perdite.
Il rischio dell’“effetto letto ad acqua”
Secondo alcuni analisti, l’ordinanza americana potrebbe avere un “effetto letto ad acqua”: la pressione esercitata per comprimere i prezzi da una parte finirebbe per generare aumenti altrove. È lo scenario temuto anche dalla professoressa Aukje Mantel-Teeuwisse, la quale evidenzia che, sebbene la legge appaia inapplicabile nella pratica, essa potrebbe influenzare le future negoziazioni internazionali. Si teme infatti che le aziende usino questa leva per ridurre la distanza tra i mercati e aumentare la redditività nei paesi europei.
Le aziende farmaceutiche, spinte dalla logica del profitto, potrebbero accogliere favorevolmente un nuovo assetto in cui i prezzi europei crescano fino ad avvicinarsi a quelli statunitensi, magari incontrandosi a metà strada. Philip Sclafani, partner di PwC, ha ipotizzato che l’obiettivo sia far passare i prezzi europei da 20 a 80 dollari, riducendo al contempo quelli americani da 100 a 80. Una compensazione che risponderebbe alle logiche della Casa Bianca ma che risulterebbe insostenibile per molti sistemi sanitari pubblici europei.
Le reazioni dei governi europei e delle case farmaceutiche
Alcuni paesi europei, come Danimarca e Germania, hanno già dichiarato che non accetteranno un sistema di prezzi di riferimento imposto da Washington. Al contempo, aziende come Novartis e Sanofi lamentano i limiti imposti dai controlli dell’Unione Europea, che a loro dire ostacolano lo sviluppo e gli investimenti. La richiesta è chiara: un riesame delle politiche europee per garantire maggiore competitività nel contesto globale.
In questo scenario, si fa strada anche una riflessione più ampia sulla sovranità sanitaria europea. Il CEO di AstraZeneca, Pascal Soriot, ha dichiarato che l’Europa dovrebbe aumentare la propria spesa in medicinali innovativi così come ha fatto nella difesa. Una posizione che invita a considerare la salute come una priorità strategica, in un mondo in cui la dipendenza da mercati esterni e le logiche di compensazione potrebbero compromettere l’accesso equo ai farmaci per milioni di cittadini.