L’Etna visto da Floresta (Instagram) Cataniaoggi.it
Nuovi indizi sulla risalita del magma
CATANIA – Una nuova ricerca condotta da un team di scienziati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e pubblicata sulla prestigiosa rivista internazionale Science Advances apre nuove prospettive nella previsione delle eruzioni vulcaniche.
Lo studio, dal titolo “Earthquake frequency-magnitude distribution at Mount Etna sheds light on magma ascent in the volcano’s plumbing system”, analizza la relazione tra il numero di terremoti di bassa e alta magnitudo per comprendere meglio i movimenti del magma all’interno del sistema vulcanico dell’Etna.
«Oggi i vulcani attivi situati in aree densamente popolate vengono monitorati attraverso osservazioni geologiche e dati geofisici e geochimici, che ci forniscono informazioni sui movimenti del magma nella crosta terrestre», spiegano i ricercatori. «Le fasi di ricarica più profonde, tuttavia, restano ancora poco conosciute».
Secondo Marco Firetto Carlino, primo autore dello studio, «analizzare le variazioni del cosiddetto b-value – un parametro sismologico che indica la frequenza dei terremoti di bassa magnitudo rispetto a quelli più forti – consente di investigare i movimenti del magma dalla crosta profonda fino alla superficie».
Esaminando oltre vent’anni di attività sismica sull’Etna (2005–2024), i ricercatori hanno ricostruito le diverse fasi della risalita magmatica: dalla ricarica profonda, fino a 30 km sotto il livello del mare, al trasferimento intermedio, fino all’ascesa verso la superficie.
I risultati suggeriscono che le variazioni del b-value potrebbero anticipare di mesi i segnali geochimici normalmente associati alla risalita del magma. «Questo accade – aggiunge Firetto Carlino – perché i terremoti rivelano immediatamente i movimenti del magma in profondità, mentre i gas, prima di emergere in superficie, devono attraversare diversi chilometri di crosta terrestre».
Una scoperta che rafforza il ruolo dell’Etna come laboratorio naturale di riferimento mondiale per lo studio dei processi vulcanici e apre la strada a nuove tecniche di monitoraggio e prevenzione nelle aree a rischio eruttivo.