Sicilia, verso i termovalorizzatori: superati i primi ostacoli per gli impianti di Palermo e Catania
La Sicilia compie un passo concreto verso la realizzazione dei due termovalorizzatori previsti dalla giunta Schifani. Dopo mesi di discussioni, ricorsi e polemiche, i progetti di Palermo e Catania hanno ottenuto il via libera dal Tar, superando il primo banco di prova che avrebbe potuto rallentarne il cammino. Il presidente della Regione, Renato Schifani, in qualità di commissario straordinario, ha annunciato che sono già stati stanziati 800 milioni di euro per l’avvio delle opere. Si tratta di due impianti considerati strategici: uno a Bellolampo, alle porte di Palermo, e l’altro nella zona di Pantano d’Arci, a Catania. «Con questi interventi – ha detto il governatore – mettiamo la Sicilia sulla stessa rotta delle grandi realtà europee, riducendo la dipendenza dalle discariche e affrontando in modo strutturale l’emergenza rifiuti».
Non sono mancati gli ostacoli. Ben dodici i ricorsi presentati contro il piano, alcuni dei quali provenienti da aziende che negli ultimi anni hanno avuto rapporti problematici con la giustizia. «Tra i ricorrenti – ha spiegato Schifani – ci sono società sottoposte a confisca per infiltrazioni mafiose. È un segnale chiaro: il settore è da sempre appetibile per la criminalità organizzata, ma noi non ci fermeremo». Particolare attenzione è stata richiamata al caso di Sicula Trasporti, storica azienda di Lentini finita al centro di un’inchiesta giudiziaria: la richiesta di sospensione del progetto è stata respinta, confermando la volontà istituzionale di andare avanti.
La firma avvenuta ieri a Palazzo d’Orleans non rappresenta soltanto un passo verso il futuro, ma segna soprattutto la rottura di quella barriera che per decenni ha consentito alla criminalità organizzata di fare affari nel settore dei rifiuti. Un muro che aveva bloccato ogni tentativo di modernizzazione e che adesso inizia a crollare, lasciando spazio a un percorso di legalità e innovazione.
Gli attori in campo e la strategia regionale
Per dare concretezza all’operazione, Palazzo d’Orleans ha siglato gli accordi con il gruppo Crew, società della galassia internazionale già attiva nella realizzazione di impianti simili. Accanto ad essa, partner di rilievo come Systra Spa, Grosseto Srl, Ultes Ambiente Srl e studi di ingegneria specializzati. A supervisionare il percorso, la Regione ha voluto coinvolgere anche due figure di spessore tecnico e politico: l’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini e l’ex ministro dell’Economia Giovanni Tria, nominati come consulenti speciali.
I numeri messi nero su bianco danno la misura dell’intervento: l’impianto di Palermo servirà circa 2,3 milioni di abitanti distribuiti tra le province di Palermo, Trapani, Agrigento e Caltanissetta; quello di Catania avrà un bacino d’utenza stimato in 2,5 milioni di residenti, comprendendo anche le province di Messina, Enna, Ragusa e Siracusa. Ognuno dei due termovalorizzatori sarà in grado di trattare circa 300 mila tonnellate di rifiuti all’anno, generando al contempo energia elettrica con una potenza installata di 50 megawatt.
Tempi, obiettivi e sfide aperte
Se il cronoprogramma sarà rispettato, i cantieri dovrebbero aprire a inizio 2027 e concludersi entro la metà del 2028. Nel frattempo, partiranno le procedure di esproprio dei terreni interessati e le gare d’appalto per l’affidamento dei lavori. Schifani ha sottolineato come la realizzazione degli impianti non sia un punto d’arrivo, ma parte integrante di un piano più ampio di gestione integrata dei rifiuti: «Con questi progetti – ha dichiarato – puntiamo al 65% di raccolta differenziata entro il 2030 e a ridurre al 10% il conferimento in discarica».
Il piano prevede inoltre la costruzione di 16 impianti pubblici di selezione e trattamento, 31 strutture di compostaggio e 24 biodigestori. Una rete destinata a rivoluzionare il ciclo dei rifiuti in Sicilia, riducendo i costi di smaltimento e creando nuove opportunità occupazionali e tecnologiche.
Il nodo politico e le reazioni
L’annuncio ha inevitabilmente acceso il dibattito politico. Se da un lato il governo regionale rivendica il risultato come «una svolta storica», dall’altro non mancano critiche e timori. Le opposizioni hanno sottolineato i rischi legati alla gestione futura degli impianti e alla trasparenza delle gare, mentre le associazioni ambientaliste chiedono garanzie su controlli rigorosi e sull’impatto reale delle emissioni. Il Partito Democratico, pur avendo sostenuto in passato l’ipotesi dei termovalorizzatori, ha invitato la Regione a «non considerare gli impianti come panacea di tutti i mali» e a potenziare con pari decisione raccolta differenziata e filiere del riciclo. Dal mondo ecologista arrivano segnali di cautela: «Serve un monitoraggio costante – avvertono Legambiente e Zero Waste – perché l’obiettivo deve restare la riduzione della produzione di rifiuti, non solo il loro smaltimento».
Uno snodo decisivo per la Sicilia
Al netto delle polemiche, resta il fatto che i due termovalorizzatori segnano un cambio di passo rispetto a un passato fatto di emergenze cicliche, discariche sature e continue infrazioni europee. La Sicilia prova così a uscire dall’immobilismo e a imboccare la strada già intrapresa da altre regioni italiane ed europee, dove gli impianti di nuova generazione convivono con politiche ambientali più sostenibili. La sfida adesso è duplice: rispettare tempi e trasparenza nella realizzazione e garantire che gli impianti diventino davvero un tassello di un sistema moderno e virtuoso, capace di trasformare un’emergenza storica in un’opportunità di crescita.