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Anm Catania interviene su attacchi social ai giudici

La notizia è stata riportata questa mattina dal quotidiano La Sicilia e riaccende i riflettori su un fenomeno sempre più diffuso: l’uso dei social network come spazio di aggressione verbale e delegittimazione della giustizia.

Nel mirino finiscono i magistrati del Tribunale di Catania che hanno composto il collegio giudicante del processo di primo grado scaturito dall’inchiesta “12 Apostoli”, relativa a presunti abusi sessuali ai danni di minori.

Dopo la lettura del dispositivo in aula, le piattaforme social sono state attraversate da una raffica di commenti offensivi, con accuse gravissime e insulti rivolti direttamente ai giudici. Il procedimento, lungo e articolato, si è concluso con una sentenza di condanna nei confronti di quattro imputati, ma si trova ancora al primo grado di giudizio e, come annunciato dalla difesa, sarà impugnato in appello.

A prendere posizione è stata l’Anm di Catania, che ha espresso «massima vicinanza e tutela ai colleghi e alle colleghe coinvolti nella vicenda». In una nota, l’Associazione nazionale magistrati etnea ricostruisce quanto accaduto: «In un delicato e complesso procedimento riguardante abusi sessuali commessi all’interno di una comunità, un collegio giudicante del Tribunale di Catania, dopo una lettura del dispositivo in aula, è stato oggetto di numerosissimi post dal contenuto offensivo e gravemente denigratorio».

Online anche  «la pubblicazione sui social di una video intervista realizzata dal difensore di uno degli imputati», nella quale vengono commentati l’iter processuale e l’esito del giudizio, stigmatizzando «plurime violazioni di legge da parte del Tribunale».

La giunta dell’Associazione richiama tutti gli attori del processo al rispetto delle regole fondamentali: «Chiediamo con forza che tutti gli operatori del diritto rispettino un fondamentale principio: la prova della responsabilità di un imputato va raccolta nel processo, nel rispetto delle regole processuali, con i tre gradi di giudizio». E avverte: «Ogni qualvolta uno degli attori del processo, giudice, avvocato o pubblico ministero che sia, viene indebitamente e distonicamente esposto alle offese e al pubblico ludibrio sui social network, viene screditata l’immagine di tutto il mondo della giustizia».

L’Anm annuncia infine che manterrà alta l’attenzione su episodi analoghi: «Auspichiamo che questi episodi non si verifichino più e vigileremo affinché non vi siano, in questo come in altri casi, comportamenti analoghi, certi della collaborazione e del rispetto istituzionale di tutte le parti processuali».

Un intervento che riporta al centro il tema del confine tra diritto di critica e delegittimazione, e il rischio concreto che il confronto giudiziario venga spostato dalle aule dei tribunali alle piazze virtuali, dove il giudizio è immediato e spesso privo di garanzie.

Le persone coinvolte sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva di condanna, nel pieno rispetto del principio di presunzione di innocenza. Chiunque voglia esercitare il diritto di replica può farlo nei modi e nei termini previsti dalla legge.

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Redazione